Del fidanzarsi in casa
Il vapore delle pentole sul fuoco appannava completamente i vetri.
Marco sentiva il petto stretto in una morsa, provava sempre quella sensazione quando cedeva alla malinconia.
Si ricordava della "sua" cucina, anni addietro, e di sua madre che si girava verso di lui con il piatto fumante.
Adesso era seduto li, ad un capo del tavolo, con alle spalle il televisore, alto sopra una mensola a sbalzo che puntava esattamente al suo cervelletto, e, di fronte, tre estranei ed una fidanzata.
Aveva male al collo, non riusciva a non cercare di vedere il televisore ogni volta che l'attenzione di tutti veniva attirata da una notizia del telegiornale, e così riusciva solo a torcersi come un panno bagnato senza vedere nulla, e neanche sentire, le voci dei commensali erano troppo alte.
Il futuro suocero entrò dalla porta finestra portandosi dietro una pentola ed una ventata gelida.
"Era fuori a raffreddarsi?" disse Marco cimentandosi in uno sport semantico straordinario:
parlare di tutto con una persona senza farle capire se si sta usando il "tu" od il "lei", diabolico!
La frase finale era il risultato di:
"l'aveva messa fuori a raffreddarsi ?"
passando la pentola a protagonista si riusciva a dribblare in corner.
"Chi io?" rispose Nicola, futuro suocero.
"No, la pentola!" ecco questa tecnica funzionava ma richiedeva spesso delle precisazioni.
Insomma, una faticaccia.
"C'è da prendere il prosciutto" disse Giuseppina, futura suocera.
Altra ventata di aria gelida.
"Ma tenete il prosciutto sul balcone?" chiese Marco sottovoce alla fidanzata.
"Si, mio padre ha staccato il frigorifero, dice che fa più freddo fuori ed è gratis, senza consumare elettricità".
"E per lavare la roba? Aspettare che piova e la gettate in cortile con una manciata di detersivo?"
Aveva parlato a voce troppo alta, mal glie ne incolse, nessuno rise, anzi tutti lo guardavano con aria di rimprovero.
Ci sono caratteristiche di una persona che non sempre vengono recepite per il giusto verso.
L'umorismo, per esempio, era stato uno dei motivi delle continue liti di Marco con il padre, che lo definiva "ironia" in senso dispregiativo.
La cultura, poi, era necessario centellinarla, si rischiava di essere linciati.
Una volta Marco era stato picchiato per dieci minuti dal padre per aver detto "papà se anche tu metti il pepe perchè biasimi lo zio che mette il peperoncino?"
Nel dubbio che "biasimi" fosse una parolaccia il padre era prontamente passato a vie di fatto.
"Questi figli! Non si riesce proprio a controllarli più, sono i libri ed i giornalini che legge che lo rovinano" aveva detto allo zio che sembrava offeso anche lui.
Marco era rimasto solo, a Milano, dopo che sua madre se n'era andata per una malattia del fegato di cui nessuno era riuscito a dare una spiegazione sensata.
Suo padre era fuggito in Sicilia per farsi consolare dai parenti ed aveva telefonato solo dopo quaranta giorni, per comunicare di essersi fidanzato.
Ma non era stato quello il male peggiore, il fattaccio fu che il padre lasciò quella fidanzata per tornare a Milano a portare lo scompiglio, dopo aver scoperto che l'amor non era disinteressato.
La signora, infatti, voleva far firmare a suo padre una montagna di cambiali e fideiussioni, in favore di lei e della di lei figlia, per elettrodomestici vari, computer, e perfino una casetta in riva al mare.
Ed eccolo di ritorno, il babbo, che ne combinava più del Wilcoyote sotto l'effetto dell'L.S.D.
Una mattina Marco entrò in bagno per le necessarie operazioni mattutine di toilette e per mettersi le consuete due gocce di collirio.
La vista si annebbiò, un dolore lancinante lo fece quasi urlare.
Uscì dal bagno con gli occhi iniettati di sangue e non solo per il bruciore, aveva anche una discreta necessità di fare un parricidio.
"Papà" fece con ostentata indifferenza.
"Si".
"Per caso, hai di nuovo usato il mio collirio?".
"Si, mi bruciavano gli occhi".
"E, sempre per caso…, non gli hai mica aggiunto qualcosina, come quella volta della camomilla".
"Si, l'ho visto in televisione, il succo di limone disinfetta, ma ne ho messo due gocce".
"E lo hai anche provato dopo?".
"No, oggi non mi bruciano gli occhi, non bisogna usare le medicine se non servono".
Prima di quell'evento il padre aveva mischiato aceto al detersivo per la lavatrice e varechina a quello per il bucato a mano che bucato lo diventò davvero.
Aveva usato la segatura per pulire i pavimenti, mischiata con acqua.
Attraversare il tinello fu come affrontare la Parigi - Dakar.
Aveva perpetrato una ventina di altre invenzioni deleterie, non ultima quella di versare aceto nel ferro da stiro per eliminare il calcare.
Andarono in giro per settimane odorando come una giardiniera.
Ad un mese esatto dal collirio al limone Marco era in un nuovo appartamento, da solo.
Se nella seconda guerra mondiale si fosse riusciti a paracadutare il padre ed il futuro suocero di Marco oltre le linee nemiche la guerra sarebbe durata molto meno.
Marco torno' dai suoi ricordi .
"Potrei avere un cucchiaio per favore?" chiese Marco mentre cercava di vedere la faccia dell'ennesimo accompagnatore ufficiale delle principesse monegasche.
"Perchè?".
La domanda lo lasciò perplesso, non era affatto preparato a rispondere.
"Noi non lo usiamo" incalzò la fidanzata "non è mica brodo!".
"Si, ma è pasta e fagioli e con la forchetta non ci sono abituato".
Ottenne il cucchiaio, ma solo in via provvisoria.
"C'è del formaggio da grattugiare?".
"Sulla pasta e fagioli!" fu un coro atterrito.
"Ebbene si! Se non c'è pazienza!".
Ottenne anche il parmigiano, ma quanto orrore in quegli sguardi mentre cadeva sulla minestra!
"Vorrei tanto morire, ma potrei avere dell'olio crudo e del pepe?".
"C'è già cotto l'olio, non si mette mica crudo l'olio sulla minestra, che schifezza!"
Marco si accasciò e rinunciò ad adattare quella mensa alle proprie assurde abitudini, e poi non è detto che ne avesse il diritto, le culture altrui vanno rispettate, ma ti fanno sentire così solo.
Ecco, il problema è tutto qui, si tratta di rispettare le cultura altrui, o un fidanzato che viene accolto deve accettare di esserne fagocitato?
Intanto, al centro della tavola, Giuseppina aveva sistemato una teglia.
C'era un coniglio, a pezzi, il pezzo rivolto verso Marco era la testa.
I denti scoperti e gli occhi quasi fuori dalle orbite davano al coniglio una espressione satanica e beffarda.
"Che c'è non hai più fame?" chiese la fidanzata.
"Non è questo… è che, in genere, quello che mangio non mi guarda…, mi fa impressione!".
Nicola lo tolse dall'imbarazzo impadronendosi della testa.
Iniziò a spolparla con cura e sibili vari finchè non si girò verso Marco.
Aveva tre occhi, due in posizione consueta ed un terzo che spuntava dalla bocca, quello con lo sguardo più rassicurante.
Marco sentì uno spiffero gelido.
"Si potrebbe chiudere la finestra, arriva un'arietta tremenda ed io ho appena avuto una cinese e si che ero appena uscito da un'asiatica ed un'australiana".
"Vuoi dire la porta" disse la fidanzata.
Marco ebbe un attimo di imbarazzo.
"No, volevo dire l'apertura verso il balcone, quella verso l'esterno"
"Noi quella la chiamiamo porta, le finestre sono quelle con il davanzale, non quelle che arrivano fino a terra".
"Allora se uno vi dicesse: - prima di uscire ricordatevi di chiudere tutte le finestre - quella la lasciate aperta".
"Devi sempre far polemica!" rispose stizzita la fidanzata.
Marco decise di rinunciare, si fece coraggio e prese a tentoni un pezzetto di coniglio.
"Buono! Forse manca un pizzico di sale".
"E' vero! Sempre così! Cos'è il sale, oro?" disse Nicola con astio a Giuseppina.
Con il pezzetto di coniglio in mano Marco attese per una quindicina di secondi senza che accadesse nulla, poi decise una timida sortita.
"Se ne potrebbe aggiungere un pochino no?".
"Adesso? Ormai è cotto, mica lo puoi aggiungere adesso".
"Sarei disposto a provare".
"Il sale è importante, se ne metti troppo la roba la mangi, ma se ne metti poco come fai?" Sentenziò Nicola.
"Già, come fai? E poi assaggiandolo meglio va quasi bene..." disse Marco che si ricordò di aver letto da qualche parte che, in caso di palesi gravi squilibri comportamentali di terzi, la cosa migliore è di temporeggiare assecondando il malato.
Ecco un argomento che, in genere, interessa i commensali e distende.
"E in ferie andate giù in Puglia?".
"Vuoi dire tornate giù in Puglia, si dice andate se ci vai per la prima volta".
"Naturalmente… mi sono sbagliato, sarà stato il vino…che cos'è sembra un vino robusto… bonarda, nebbiolo… ".
"E' barolo!".
"Caspita! Ma perchè in questo cartellino c'è scritto nebbiolo 1990?" la fidanzata lo fulminò con lo sguardo.
"Te ne intenderai di computer ma di vini… l'uva che si usa è sempre nebbiolo, ma, invecchiando diventa barolo".
"A si? E dopo quanto si può cambiare l'etichetta?".
Silenzio… quella serata fu il prototipo delle altre a seguire.

Marco si scosse dai ricordi e dalla sabbia sottile che aveva sulle guance, si era di nuovo addormentato in spiaggia.
La sua vita aveva avuto una insperata via di fuga: un caso fortuito gli aveva fatto giungere notizia che la fiat, in Brasile, aveva bisogno di programmatori, per un breve periodo, per produrre auto in loco e gestirle commercialmente.
Il breve periodo si protraeva ormai da un paio d'anni e, fosse stato per Marco, sarebbe durato in eterno.
L'unica cosa che lo preoccupava erano quelle disgraziate trasmissioni, per la ricerca delle persone scomparse, che piacevano tanto alla fidanzata ed alla madre che lo stavano ancora cercando.
Andò con lentezza tropicale verso il gazebo delle bibite ed ordinò un succo d'ananas gelato.
Sarebbe stato un altro meraviglioso natale.