BRODO

Capitolo 1°
Quello che più attira di una metropoli è senz'altro la promessa di una vita più intensa e movimentata rispetto a quella che si può ottenere in un paesino di campagna o, peggio, di montagna.
Ci si aspetta inoltre un numero di contatti umani talmente elevato da garantire arricchimento interiore ed apertura di sempre nuovi orizzonti del vivere moderno.
Bene, se è questo che vi aspettate da una metropoli, probabilmente non avete mai messo piede a Torino.
Torino è un luogo dove, se entrate nel portone di casa vostra un decimo di secondo dopo il vostro vicino di pianerottolo, questo farà comunque in tempo a percorrere i cinque o sei metri che separano il portone dall'ascensore, entrarci dentro e scomparire alla vostra vista prima di essere costretto a dirvi qualcosa di tremendamente personale e viscerale come "Ngiorno" o "Nasera!".
Si perché i contatti umani, a Torino, sembrerebbero graditi come un terremoto nel bel mezzo di una pestilenza.
Ma di tutto questo, Alberto Poldino detto Poldo non sapeva nulla, e, dopo aver vissuto e divorziato in un paesino di montagna, decise di trasferirsi nella tentacolare metropoli come un disperato decide di gettarsi giù da un ponte, tanto non aveva più nulla da perdere.
Si sarebbe abbandonato ad innumerevoli boccaccesche avventure con le donne di città, che dovevano essere per forza una via di mezzo tra cicciolina e un top manager, a sentire i racconti che facevano i suoi amici al bar.
Aveva qualche soldo da parte e così riuscì ad aprire una ferramenta in una zona che non era certo periferia, ma neanche centro storico non per questo si poteva definire zona industriale, insomma era in una via di cui nessuno aveva mai sentito parlare, né al suo paese né nella stessa Torino, via "Curino".
La ferramenta gli aveva sempre dato l'idea di una specie di oasi in cui riparare stremati dagli isterismi delle donne, ma, più che dalle donne in generale, della sua in particolare.
Nella città sarebbe rinato, ricreato dal nulla come le prime creature complesse emersero dal brodo primordiale.
Una cosa era importante più di tutto per incominciare bene questa nuova vita: "Fare buona impressione", come da preziosissimo consiglio della nonna.
Un problema, a questo riguardo, era rappresentato dal suo modo di vestire.
Giubbotto, leggero o pesante a seconda della stagione, camicia di jeans su jeans come pantaloni, mocassini o scarpe da ginnastica.
Alla camicia di jeans poteva sostituirsi una camicia chiara, con cravatta scura, per matrimoni, funerali e cerimonie in genere.
Ai jeans non c'erano alternative.
Decise di prendere spunto dalla pubblicità, che dovrebbe essere la cosa che più di tutte scava nel più profondo dell'io interiore e ne cava fuori solo i desideri più reconditi e, quindi, autentici.
Una volta che hai mostrato a qualcuno quello che veramente vuole venderglielo è uno scherzo.
Aveva un certo successo un tizio che offriva un liquore ad una bionda fulgida ed arrapanterrima che abbandonava il riccastro per seguirlo lasciando lì perfino un pezzo di gonna.
Decise che quello del giovanotto in questione sarebbe stato il suo look.
Comunque il primo problema era la casa.
Doveva trovare un appartamento in affitto e decise di rivolgersi ad un'agenzia, e dopo aver versato un fiume di denaro ad ufo, finalmente trovò quel che cercava: una camera e cucina, e proprio in via Curino, sopra la ferramenta.
Era al quinto piano e non c'era l'ascensore, ma era carino come appartamento.
Ad un novello scapolo cosa serve per dare inizio ad una nuova vita? Il letto è ovvio.
Scelse mobili in legno naturale ed il letto era in pino, enorme, con sotto un cassettone che, da solo, fu sufficiente a contenere tutti i suoi vestiti: quattro jeans e cinque camicie.
Usò l'armadio per sistemare i vestiti nuovi acquistati per seguire il look del tenebroso.
Tutto nero, pantaloni, giacche, cravatte, calze, solo con gli slip ebbe qualche problema, ma alla fine trovò anche quelli.
Disgraziatamente gli slip stingevano, come scoprì la prima volta che usò la lavatrice nuova.
Poldo pensava che non sarebbe mai riuscito a tanto, sua moglie usava la lavatrice in un modo concitato e drammatico, fatto di corse improvvise a premere un tasto per fermare qualcosa prima che accadesse qualcos'altro, e la accendeva e la spegneva, la riaccendeva, la riapriva, gettava dentro a tradimento liquidi, polveri e palle di plastica con dentro altri liquidi ed altre polveri...insomma, avrebbe faticato molto meno a lavare tutto a mano.
Ed eccolo lì, con il foglietto delle istruzioni in mano, scritte in giapponese, serbo croato, inglese... proviamo con l'inglese, ah no ecco l'italiano.
Aprire il portello... facile, introdurre i capi da lavare...fatto, chiudere il portello... e le palle? I liquidi? bho!...andiamo avanti, versare un misurino di polvere nell'apposita vaschetta come da disegno...fatto, scegliere il tipo di lavaggio girando l'apposita ruota... bucato normale...certo che è normale, mutande, calze, camicie, più normale di così...fatto, premere il pulsante rosso...di rosso ce n'è solo uno...fatto.
La lavatrice fece tutto da se, dopo un oretta si fermò e lui non si era mosso da davanti all'oblò, incredulo.
Istruzioni, non c'era scritto niente altro, allora aprì l'oblò, la roba era lavata e asciutta! L'aveva anche asciugata! Doveva aver comprato la migliore e più evoluta lavatrice del mondo.
Ma le mutande stingevano! E così tutto ciò che era stato bianco divenne di un delizioso grigio perla, camicie comprese, una tovaglia da tavola rossa a quadrettoni bianchi divenne bordeaux a quadrettoni grigi e via così.
Un elemento dell'arredamento di vitale importanza nel vivere quotidiano di uno scapolo è il televisore, abbinato all'altrettanto vitale videoregistratore.
Il videoregistratore consente di visionare cose che non si possono dire alla mamma, ma che, con i cartoni animati ed i film demenziali, distraggono più di tutto.
Poldo acquistò degli scaffali da montare con un miliardo circa di bulloni, e ci posizionò: su un piano il televisore, sotto il videoregistratore, e negli altri scaffali le videocassette che ripose ordinatamente dentro delle custodie di plastica comprate per l'occasione.
Custodia gialla: film vari, soprattutto di azione e comici.
Custodia bianca: cartoni animati, tipo pantera rosa, Wilcoyote, gatto Silvestro, speedy gonzales eccetera.
Custodia nera...: il resto.
La custodia nera è la più comune in commercio.
Gli scaffali erano proprio di fronte al letto.
I mobili erano pochissimi, ma a lui bastavano, era in arrivo solo più un armadio regalatogli da un amico che sarebbe arrivato a momenti a portarglielo.
Il telefono non lo aveva messo, tanto aveva il telefonino.
Suonarono, gettò il telefonino nella tasca posteriore dei pantaloni ed andò ad aprire.
"Ueee, Gigio! Finalmente! sei venuto al passo del leopardo?".
"Ma stai zitto!" disse Gigio trafelato (al secolo Luigi Cantoira) " via "Curino"! Quanto è lunga? Dodici metri? figurati che ho chiesto ad una vecchietta affacciata alla finestra all'angolo a tre metri dalla via è mi ha detto che non l'ha mai sentita! E poi, come pensi di portarlo l'armadio quassù, senza almeno un paio di bombole d'ossigeno?".
"Sei molle, questa è la verità, guardati, hai trent'anni e non ti reggi già più in piedi, vergognati! Comunque con l'ascensore non l'ho trovata, va bene?".
"Vabbè dai, vorrà dire che ti verrò a trovare raramente o magari ci vediamo fuori, al livello del mare".
"L'armadio lo potremmo smontare e portare su a pezzi, che ne dici?".
"Escluso, sta già su per miracolo, se lo smonti ci vuole il trasmigratore molecolare di star trek per rimetterlo insieme".
"Allora andiamo su, che poi ti faccio un bel caffè con la caffettiera nuova di zecca".
"Pure! lo sanno tutti che con le caffettiere nuove il caffè fa schifo!".
"Non l'ho trovata di seconda mano, va bene? ma di un po' sbaglio o sei un pelino irritabile? Ancora problemi con Marta?".
"Giusto qualche scambio di vedute... non la sento dal mese scorso".
"Come lo avete avuto lo scambio? tu con gli scud e lei coi patriots?".
"Sfotti, intanto quello a piedi sei tu! comunque lei ha il numero del tuo cellulare, se dovessi sentirla... dimmelo".
"Scusa, perché ha il numero del mio cellulare e non del tuo?".
"Il mio è rotto, l'ho lasciato nella tasca dei pantaloni...e, ho messo tutto in lavatrice, non si accende neanche più, però è pulitissimo".
"Ma non hai provato a portarlo a riparare?".
"No, il colpo di grazia glie l'ho dato col ferro da stiro, sgneck! sembrava una calcolatrice! a proposito, il tuo dov'è?".
"Ce l'ho qui in tasca dei pantaloni" disse Poldo indicandosi il posteriore.
"Attento quando li lavi".
Intanto erano arrivati al piano terreno.
"Come facciamo a portarlo su? Io non sono pratico di traslochi e robe del genere".
"Io una volta ho visto portare un pianoforte da una persona sola, se lo era fissato con delle corde e lo portava su così".
"Le corde le hai?".
"Pronti, eccole qua".
Si legarono ognuno da un lato dell'armadio e provarono a sollevarlo.
"Funziona! dai su che ce la facciamo, solo una cosa però, niente parolacce nelle scale, sono appena arrivato e voglio fare una buona impressione al vicinato".
"Sarò un cherubino".
Fino al primo piano andò tutto liscio, al secondo il respiro cominciò a farsi affannoso, al terzo cominciò il dramma.
"Fermo! il cellulare!".
"L'ho sentito, adesso rispondo, s'è incastrato nella tasca...".
"Può essere Marta dai!".
"Ti dico che non esce, si è messo di traverso e si è incastrato in fondo alla tasca, fai così, schiaccia un tasto qualsiasi da fuori della tasca, ti abbassi e rispondi".
"Ma tu guarda.
.
pronto! Marta! non potevo continuare così, anch'io non ne posso più, mi manchi tanto! ti prego non farmi soffrire mai più così!".
Gigio era abbracciato alla coscia di Poldo e parlava con la bocca schiacciata contro il gluteo destro.
Gli occhi di Poldo ne incontrarono un altro paio... completamente sbarrati! era l'anziana professoressa di latino del terzo piano.
La professoressa rientrò in casa con il cuore in tumulto.
"Umberto! quel ragazzo che è arrivato due giorni fa...c'è un tizio che lo ha legato ad un armadio nelle scale e gli grida sconcezze, dobbiamo fare qualcosa!!".
"Maria, tu prendi sempre fischi per fiaschi, fa vedere va!".
Il marito della professoressa fece capolino nelle scale.
Gigio era sempre nella stessa posizione e dava bacini al gluteo di Poldo, che sbuffava.
"E' un mio amico, lui ha portato l'armadio e allora...".
"AH, siete... amici, capisco, buonasera!".
"Sera, mi saluti la professoressa".
"Depravati!!" mormorò l'uomo richiudendo la porta.
"Hai finito? dai che abbiamo ancora due piani" disse Poldo molto irritato.
Entrarono in casa tra un fischio ed un rantolo e si lasciarono andare a terra con gambe braccia spalancate per prendere più aria possibile.
Una folata di intenso quanto dolciastro profumo entrò dalla porta che avevano lasciato aperta.
Una impalpabile vestaglia rosa confetto solleticò la punta del naso di Poldo.
"Buon giorno, sono la sua vicina di pianerottolo, benvenuti".
"Buongiorno" risposero in coro rimanendo sdraiati a faccia in su, se si fossero alzati, infatti, avrebbero interrotto lo spettacolo che la divina provvidenza stava offrendo loro da quella angolazione.
Poldo si scosse, ormai aveva fatto un preciso inventario della biancheria intima della signora ed era il caso di alzarsi.
"Io mi chiamo Rossana, finalmente dei giovani, prima di lei qui abitava un generale in pensione di settant'anni".
"Si è trasferito in campagna?".
"No è morto, sa il cuore ad una certa età... basta un'emozione un po' più forte..." disse la signora Rossana chinandosi in avanti quel tanto che bastava a far sporgere dalla vestaglia un paio di emozioni di tutto rispetto.
"Io! io abito qui, lui no! lui stava proprio andando via ciao, torna a trovarmi, poi o poi!" disse Poldo assestando delle poderose pacche sulle spalle di Gigio.
"Si dice prima o poi" rispose Gigio scuro in volto.
"No, no si dice poi o poi, tu comunque vieni anche dopo, ciao".
Poldo spinse Gigio fuori dall'appartamento e diede una botta col sedere alla porta per chiuderla alle proprie spalle, sorridendo a quarantotto denti alla signora Rossana.
La porta non si richiuse, qualcosa l'aveva bloccata.
Era un piede, grosso come uno skate-board.
"Mio marito, Gelsomino! Minetto, questo è il nostro nuovo vicino di casa, il signor...".
"Alberto, Alberto Poldino, gli amici mi chiamano Poldo, ma lei mi chiami pure Polduccio, sa?" disse Poldo con il naso dentro il bosco di peli che ricopriva il petto dell'enorme Gelsomino.
La canottiera, bianca traforata, era sporca di sangue e, nella mano destra, stringeva una mannaia da macellaio.
"Ho finito, dai che ho fame" disse Gelsomino da sopra il capo di Poldo senza degnarsi di rispondere.
"Mi scusi sa? e che mio marito mi fa comprare il capretto intero e poi si diverte a macellarlo da se, ci vediamo".
Poldo rimase qualche secondo immobile.
"Di che sarà morto il generale, di Rossana o di Gelsomino?" pensò preoccupato Poldo e si ripromise di non dare la minima confidenza alla signora Rossana, sarebbe stato cortese, ma con una certa distanza.
La sera stessa il profumo che entrava da sotto la porta fece crollare i buoni propositi di Poldo, ancora prima di sentire il trillo del campanello.
"Scusi sa, signor Poldo, lei sa mica come funzionano i videoregistratori, c'è un bel film su canale cinque ed uno ancora più bello sul primo, in genere ci pensa mio marito, ma lui fino alle undici non torna, fa i turni in fabbrica".
A Poldo si bloccò l'epiglottide, non riusciva a deglutire eppure non aveva messo in bocca nulla.
"Bi...bisognerebbe consultare le istruzioni, ce le ha?".
"Cerco, mi venga dietro" disse Rossana ancheggiando verso la propria porta d'ingresso.
Il videoregistratore era nel tinello accanto al televisore, la signora Rossana prese le istruzioni da un cassetto in basso, talmente in basso che quando si girò per darle a Poldo, lui era già sudato fradicio.
"Ha caldo, signor Poldo?".
"No è che è una vita che non...uso il videoregistratore e temo di non riuscire a...farlo funzionare".
"Ce la farà, ne sono sicura, lei mi sembra proprio un ragazzo in gamba sa?".
Poldo si appoggiò al tavolo ed avvertì qualcosa di gelido sotto la mano: la mannaia di Gelsomino!.
"Scusi, signora Rossana, le dispiace se consultiamo le istruzioni da me? qui fa un po' caldo".
"Ma le pare!" cinguettò la signora Rossana "andiamo!".
Poldo si sedette su una sedia della cucina e la signora si appoggiò al tavolo accanto a lui, i loro nasi si sfioravano.
Erano arrivati a "introdurre a fondo la videocassetta" quando suonarono alla porta.
"Oddio, non mi dire che c'è di nuovo sciopero".
Disse terrorizzata la signora Rossana.
"Mi dia la sua vestaglia e le sue babbucce di peluche, apro io e faccio finta di essere gay, magari non mi uccide!" disse Poldo.
Aprì la porta tremando e sistemandosi i capelli nel modo più civettuolo possibile.
Era Umberto, il marito della professoressa del terzo piano.
"Bella vestaglia... e quelli ai piedi cosa sono barboncini rosa? volevo solo dirle che domani sera viene l'amministratore per la rata del riscaldamento, io sono consigliere di scala, lei come si chiama?".
"Poldino..." disse Poldo con un velo di tristezza, rassegnandosi al fatto che la strada, per fare la famigerata "buona impressione", sarebbe stata un po' in salita.
Umberto se ne andò senza salutare, ma Poldo lo sentì bofonchiare..."depravati".
Torino ha molte cose belle, una di queste è il "lungopo".
E' una lunghissima passeggiata, che accompagna il fiume sui due lati, e dove puoi trovare di tutto.
Piste ciclabili, parchi grandi e piccoli, panchine, alberi, spacciatori, toponi di fogna, oche libere, germani reali, spatole, aironi, eroinomani in piena attività, prostitute, mamme, papà, nonni, nonne con i bimbi a passeggio, polizia, carabinieri e gente che corre.
E solo questione di "dove" e "quando".
Se sei smaliziato puoi riuscire a farti la tua bella corsa o, se preferisci, passeggiata, in tutta tranquillità.
Ma, se non riesci a completare il tuo tragitto nel giusto orario, ti puoi trovare a correre tra enormi cani bavosi ed inferociti che, dopo aver fatto i loro bisogni nel bel centro della passeggiata, cercano di sbranarti, mandandoti a sbattere contro una panchina dove ad un tossicomane fai andare la siringa per traverso, questo si alza incazzato in un turbine di sorci di fogna spaventati, tu scarti per fuggire e finisci sotto una volante, che stava inseguendo una ventina di spacciatori, che si stavano scambiando le quotidiane quattro coltellate per dividersi il territorio.
Poldo non era al corrente degli usi locali e la sua prima passeggiata serale quasi gli costò i capelli bianchi.
Appena entrato in casa si appoggiò alla porta, continuava a ripetere "devo mettere la porta blindata, devo mettere la porta blindata, devo mettere la port..." quando il suono del citofono lo interruppe.
"Chi è?".
"Lei pensa che in questo mondo ci sia abbastanza amore?".
Conosceva quella voce, era di una signora, una testimone di Geova a cui, incautamente, aveva dato nome, cognome ed indirizzo non sapendo più come scrollarsela di dosso.
"No signora, penso che il mondo sia pieno di cattiveria, infatti, se è così gentile da aspettarmi sul lungopo, scendo tra dieci minuti e ne parliamo".
Non la sentì mai più e fu tormentato per mesi da un incubo: vedeva la povera signora morsa da cani bavosi, con dei loschi figuri che giocavano a freccette lanciandole siringhe usate, mentre una ventina di topi di fogna, seduti compostamente su una panchina con le zampine conserte, ridevano a crepapelle, infine arrivava una volante e la investiva, ponendo fine alle sue sofferenze, e lei, durante tutto il calvario, continuava a sorridere ed a ripetere la stessa frase "pensate che in questo mondo ci sia abbastanza amore?".
Venne la primavera, Poldo aveva saputo organizzarsi a dovere su come frequentare il "lungopo".
Innanzitutto di giorno, e poi non si doveva avvicinare ad una zona denominata "Muracci" o "Murastri" o qualcosa del genere.
Tutto sembrò diverso, com'era accogliente la natura, e proprio a due passi dal centro cittadino.
Decise di invitare Gigio a pranzo.
Pensò ad un menù semplice, ma gustoso.
Un bel piatto di spaghetti al ragù e petti di pollo alle cipolle, la morte del pollo, per lui, era stufato con le cipolle.
Le cipolle, praticamente dei lacrimogeni, l'ultima volta che le aveva pelate, aveva smesso di piangere il giorno dopo, aveva gli occhi sensibilissimi, però il pollo aveva avuto un così grande successo, doveva trovare una soluzione.
Dopo aver passato una buona mezzoretta a fissare le cipolle con la mezzaluna in una mano ed il tagliere nell'altra, ecco l'illuminazione.
Tirò fuori tutta l'attrezzatura sportiva, ed ecco quello che gli serviva: la maschera da sub.
Andava un po' meglio, per gli occhi, ma la gola bruciava, tagliò un cilindretto dalla spugna che usava abitualmente per lavare i piatti e lo infilò nel tubo della maschera, si mise in bocca il boccaglio...una perfetta maschera antigas.
Si avventò sulle cipolle con la convinzione di essere un genio sprecato per questo povero mondo.
Suonarono alla porta.
Se si fosse tolto la maschera, con la cucina satura di lacrimogeni, avrebbe fatto una brutta fine, e poi era ancora a metà delle cipolle, decise di andare ad aprire con la maschera, tanto non poteva che essere Gigio.
Non era Gigio.
"Mgiomm, pfsoressss" disse Poldo attraverso il tubo.
La professoressa non rispose, si limitò ad urlare.
Poldo fu costretto a togliersi la maschera.
"Aspetti, è per via dei gas...la morte del pollo...".
Spinse la porta sconsolato, rimise maschera e tubo e ricominciò ad affettare cipolle.
Era domenica, erano due settimane che non telefonava ai suoi, mise a soffriggere il pollo, e prese il telefonino.
Una tacca, due tacche, niente tacche, il telefonino non "beccava", termine estremamente tecnico per definire l'assenza di segnale sul campo.
Provò ad alzarlo... niente, salì su una sedia... peggio, andò in bagno, in cucina, mise la testa ed il braccio fuori dalla finestra... niente da fare.
Durante le sue evoluzioni degne del miglior Nureyev il cellulare cadde a terra...cinque tacche.
Si poteva telefonare soltanto tenendosi più bassi delle finestre.
Si inginocchiò davanti alla finestra e fece il numero, intanto, dalla porta che era rimasta aperta, entrò Gigio con un enorme fiasco di chianti.
"Stai telefonando ai paesi bassi o sparano dal palazzo di fronte?".
"Ma che ne so, se superi l'altezza dei davanzali delle finestre il telefonino non funziona più, fa vedere il tuo, te lo sei comprato poi?".
"Di comprarlo l'ho comprato, solo che...".
"Che t'è successo questa volta?".
"Domenica scorsa sono andato con Marta in campagna, ed ho aperto la porta posteriore della macchina per prendere la roba per fare il picnic, avevo il cellulare appeso alla cintura dietro la schiena...".
"Vai avanti, se per te non è troppo doloroso".
"Avevo le mani impegnate ed ho chiesto a Marta di chiudere lei la porta...".
"E allora?".
"Non mi ha dato il tempo di allontanarmi, ha chiuso dentro il cellulare, slam! si è allungato di due centimetri, tutti i cristalli liquidi che colavano...".
Poldo rimase a fissarlo con un espressione indefinibile, forse disgusto, forse incredulità.
"Certo che siate proprio una bella coppia" disse infine sospirando.
"Grazie, ce lo dicono tutti, anche le vecchiette sul tram".
"Si mangia: spaghetti al ragù, pollo con cipolle ed insalata, ti va? senti, mentre apparecchio, andresti a gettare la spazzatura? ci sono le cipolle che puzzano".
"Ma sono cinque piani! vabbè visto che mi hai invitato a pranzo".
E Gigio si avviò giù per le scale con il sacchetto cantando a squarciagola: "spaghetti pollo insalatina e una tazzina di caffeeeeeee".
La discesa andò liscia, ma al ritorno si trovò la strada sbarrata da Umberto, braccia conserte e livido in volto.
"Senta un po' lei! dica al suo amichetto che, va bene quelle cose lì che tanto adesso vi sposate pure, e le vestaglie ed i barboncini rosa, ma fare quegli scherzi ad una persona anziana, che ha pure il cuore che non va bene, mascherati!... il pollo morto col gas!... voi siete dei pazzi criminali, ecco cosa siete! ma che non si ripeta più, ha capito?".
Gigio era esterrefatto.
"Certo che ho capito, è chiarissimo... non si preoccupi... non si ripeterà più, glie lo giuro sulla testa del mio...amichetto, 'giorno...".
Gigio continuò a salire le scale circospetto badando bene a non voltare le spalle ad Umberto.
Entrò in casa senza dire una parola, stappò il fiasco, si versò un bicchiere di chianti e lo scolò in un sorso.
"Come sommeiller fai abbastanza senso, sai?".
"Chi te l'ha segnalata questa casa? Freddy Kruger? quello di Nigthmare?".
"Perché? è buia?".
"No, mi ha fermato quello di sotto, e mi ha detto un sacco di cose pazzesche, che gli hai tinto i barboncini di rosa, gli hai ammazzato un pollo col gas...insomma farneticava, mi ha fatto spaventare, la prossima volta ci vai tu a gettare la spazzatura, io da solo le scale non le faccio più e, quando vado via, mi accompagni fino alla macchina ed aspetti che parto".
"Effettivamente in questa casa ci deve essere un campionario di tipi bizzarri di tutto rispetto" disse Poldo appoggiando gli spaghetti sulla bilancia da cucina.
"Ma quanti ne stai mettendo?".
"Tre etti, sono troppi?".
"Marta ne mette la metà, comunque sei tu il cuoco, io non dico niente".
"Quella che avanza ce la mangiamo".
"Ma lo sai che mi sono sparato due milioni e mezzo di palestra quest'anno?".
"Ti sparavi due milioni e mezzo di spaghetti eri magro lo stesso e molto più contento, tanto lo so che hai una cooperativa di vermi solitari li' dentro, quelli come te mi hanno sempre fatto incazzare, io ingrasso anche solo a pronunciare la parola "carboidrati" a voce alta".
"Stavi dicendo dei vicini?".
"Ma niente, forse noi, che arriviamo da un paesino, troviamo tutti strani, ma questi qui; Ti guardano con gli occhi sbarrati, fanno di tutto per non incontrarti, poi ce n'è uno che è sempre o giù in strada, davanti al portone, o nelle scale, insomma a qualsiasi ora tu possa uscire o entrare da casa lui è lì e ti guarda, il signor Borlenghi, che cavolo avrà sempre da guardare".
"Però, la tua dirimpettaia, eh, porzelone!".
"E abbassa la voce, l'hai visto il marito? sembra un armadio rivestito di pelliccia, ed è pure pazzo sanguinario, si diverte a macellare gli agnelli in casa".
"E macellare agnelli a Torino sembra anche un sacrilegio".
"Buona questa, però mi raccomando, se incontri la fatalona, rispetto e serietà, ne va della mia vita".
"Sarò un lord inglese, ma in tutto il palazzo, qualche ragazza, interessante, diciamo, non c'è?".
"Si, mi hanno detto che al terzo piano, di fronte alla professoressa, ci abita la nipote, da sola, ha ventisei anni, e sembra anche che sia carina, ha una palestra di aerobica".
"Tu l'hai vista?".
"No, me lo ha detto il signor Borlenghi, l'onnipresente".
"Magari è un cefalo, certo che se insegna aerobica il fisico deve avercelo per forza, io l'ho fatta una volta sola e ho rischiato di morire nella prima mezzora".
"Ma questa è specializzata in anziani, deve fare un tipo di aerobica piuttosto tranquilla, comunque poi ti dico, adesso mangia" disse Poldo mettendo gli spaghetti nel piatto di Gigio.
"Come sono questi spaghetti? Al ragù?".
"Si chiamano spaghetti alla ghiottona, fai un bel ragù ristretto, con carne di vitello, o mucca pazza che dir si voglia, ed una parte di maiale, poi, al momento di condire gli spaghetti , aggiungi un bel po' di parmigiano grattugiato, basilico fresco a pezzetti, una macinata di pepe nero e panna".
"Chissà perché ingrassi tu".
"Già, questione di metabolismo".
"Si, il tuo dovrebbe essere del tipo Godzilla".
Gigio finì la propria porzione, poi prese direttamente la zuppiera e finì il resto degli spaghetti, ed infine lustrò tutto a specchio con il pane.
"Mi sembra di capire che il menù Godzilla non ti dispiaccia".
"Si... discreti... adesso esaminiamo questo pollo, che hai ammazzato col gas".
"L'ho comprato già morto, anzi era solo il petto".
"Mmmmm, mai mangiato il pollo così buono, ma poi si digerisce anche? In genere il tempo che impiego a digerire le cose è direttamente proporzionale alla goduria che provo a mangiarle".
"Oddio, le cipolle allungano un po' i tempi, ma io non sono mai morto".
"Com'è che ho così sonno?".
"Provo ad ipotizzare, sarà che abbiamo mangiato smisuratamente e ci siamo scolati tre litri di vino da tredici gradi?".
"Che diagnosi! sei più tosto di quelli di "iarr", quelli del pronto soccorso americano".
"Lo vedevi anche tu? non ti faceva impressione tutto quel sangue?".
"Effettivamente, cambiavo sempre canale al momento giusto".
"Cioè? quando?".
"Quando si spalancava la porta, entravano quelli dell'ambulanza con la barella ed uno dei medici chiedeva "cosa abbiamo?"".
"Ma allora non hai visto quasi niente".
"Già, entrava uno in coma, zot: la pubblicità di un caffè, entrava uno distrutto in un incidente, zot: la pubblicità del "lasonil", una poveretta era stata violentata?...".
"Zot, la pubblicità dei jeans" disse Poldo interrompendolo.
Gigio si era nella poltrona di fronte al televisore e cambiava distrattamente canale.
"Guarda lì su venti canali ce ne sono almeno sette di maghi, chiromanti e robe del genere.
" "Hai letto di quei furbastri che si fan passare per maghi e poi si approfittano delle clienti? ma si può essere più scemi?".
"Neanche io credo a tutte quelle cretinate, però bisogna aver rispetto per le persone che ci cascano, magari stanno attraversando un periodo che le rende più vulnerabili, e poi, secondo me, qualcosa di oscuro c'è".
"In che senso? forse la tua materia grigia sta diventando nera?".
"Non scherzare, e poi fai il furbo perché non ti è mai capitato nulla del genere, hai mai partecipato ad una seduta spiritica?".
"No, mai, tu si?".
"Io si, e sei mai stato in una casa infestata?".
"Questa in cui siamo adesso mi sembra decisamente infestata".
"No, di fantasmi, dicevo".
"No, mai, ne conosci una?".
"Si, se tu ti allontani da Torino, in direzione di Asti, sulla collina prima di arrivare a Chieri c'è una casa gialla abbandonata, lì ci sono gli spiriti".
"Ma smettila va, la prossima volta si beve acqua minerale, a te il vino fa male alla testa".
"La pensi così? domani sera andiamoci, se ne hai il coraggio".
"A mezzanotte immagino".
"Facciamo le dieci, che dopodomani mattina mi alzo presto, devo accompagnare Marta in una Boutique".
"E perché deve andare il mattino presto in boutique?".
"Arrivano delle cose strane, delle gonne lunghette, delle magliette color cipolla, o melanzana, o barbabietola, non mi ricordo, e bisogna arrivare prima delle altre".
"A parte gli ortaggi, cosa vuol dire gonne "lunghette"?".
"Così ha detto, una gonna lunghette, una volta c'erano mini, midi, maxi e adesso ci sono le lunghette, cortine ecc...".
"Vabbè, è un terreno su cui non mi arrischio, preferisco la casa infestata, allora domani sera alle dieci ci troviamo qui sotto, va bene?".
"Va malissimo, mi terrorizza già di giorno questo palazzo, figurati di notte, ci vediamo direttamente li, cinquecento metri prima della casa c'è uno spiazzo, il primo che arriva aspetta".
"Ci sarò".
Poldo accompagnò Gigio fino all'auto, che era parcheggiata di fronte al portone, gli chiuse la portiera e gli diede uno scappellotto dal finestrino aperto.
"Guarda che carini, tu non mi chiudi più la portiera da trent'anni, Umberto".
"L'ultima volta avevi lasciato la caviglia fuori, ricordi?".
"Ti attacchi al pelo, la verità è che hai perso ogni gentilezza".
"Ad essere "gentile" come quelli non ci tengo di sicuro e poi una certa rudezza è segno di virilità".
"Tra i gorilla forse, non tra gli esseri umani, come avrò fatto a sposarti".
"E' stato un semplice miracolo".
Poldo salì le scale alla massima velocità che la pancia stracolma ed il chianti gli consentivano, vale a dire come un bradipo ubriaco.
Quando fu quasi arrivato al pianerottolo del terzo piano la porta, di fronte a quella della professoressa, si aprì.
"Buona sera" disse una ragazza bruna.
" 'Sera" rispose ansante Poldo.
"E questa è la nipote della professoressa, questo riabilita il palazzo e tutto il quartiere" pensò Poldo.
"Mia zia mi ha parlato di lei".
"E suo zio?".
"No, solo mia zia".
"Ecco perché mi rivolge la parola" pensò Poldo.
Pensò anche di prendere la palla al balzo.
"Io mi chiamo Alberto, finalmente una persona giovane" disse Poldo tendendo la mano.
"Io sono Letizia, ma mia zia ha detto che lei si chiama Poldo".
"Effettivamente gli amici mi chiamano così, ma non volevo prendermi troppa confidenza, se mi giocassi anche i rapporti con te sarebbe una tragedia, a proposito ti sarei grato se volessi darmi del tu".
"Va bene, ciao Poldo, ci vediamo".
La seguì con lo sguardo, mentre scendeva leggiadra le scale, nella sua tutina aderentissima rosa ed argento.
Mentre sognava, beato e sorridente, appoggiato al mancorrente delle scale, uscì Umberto.
"Ah, è lei, le ha parlato il suo amico?".
"Si, ma c'è un equivoco, io non volevo assolutamente spaventare la sua signora, adesso le spiego: la morte del pollo...".
Quando ebbe finito Umberto lo fissò in un modo assolutamente indefinibile, tanto che Poldo lo incalzò.
"Ha capito?".
"Ho capito, le cipolle, la maschera da sub...vabbè, mi stia bene, cercherò di spiegarlo a mia moglie... cercherò".
"Scusi, sua nipote dove ce l'ha la palestra? è solo per iscrivermi!" disse Poldo alzando le mani in segno di resa.
"Solo per iscriversi certo... con voi due non corre certo rischi, è all'angolo con Corso Belgio, si chiama Slowfitness".
"Grazie".
Poldo si chiese cosa avesse voluto dire Umberto con la frase: "Con voi due non corre certo rischi", poi si rassegnò al dubbio.
L'indomani pomeriggio alle diciotto, come da orario affisso al portone, si presentò alla palestra.
Ad accoglierlo trovò una signora che poteva pesare tra gli ottanta e i novanta chili.
"Buon giorno, cercavo la signorina Letizia".
"In fondo al corridoio quando la moquette da verde diventa di un colore indefinibile, lì inizia la zona dell'aerobica".
"Anche lei fa aerobica con la signorina Letizia?".
"Molto spiritoso" rispose accigliata la signora, addentando un'enorme gelatina di frutta.
Eccola, splendida, radiosa, allargare le braccia e le gambe lentamente come in un balletto classico e, di fronte a lei, una ventina di anziani, soprattutto donne, ad imitarla goffamente, ma con grande impegno e serietà.
Poldo tornò indietro.
"Scusi a che ora finisce la lezione della signorina Letizia?".
"E' appena iniziata, finisce tra quasi due ore, a meno che gli "atleti" non scoppino prima e le chiedano di smettere".
"E questo succede?".
"A volte si, ma sa come sono gli anziani, piuttosto scoppiano piuttosto di ammettere di non farcela più".
Un sorriso satanico apparve sul volto di Poldo.
Doveva trovare assolutamente Gigio, telefonò a Marta in ufficio.
"Ciao, devo trovare Gi.
.
Luigi assolutamente sai dove sia?" "Ti do il numero nuovo di cellulare, ne ha comprato un altro, l'ultimo...".
"So tutto, dimmi..." rispose Poldo per evitarsi il tragico racconto.
"Gigio, telefona al numero che ti do' e chiedi della signorina Letizia, me la devi tenere al telefono almeno per dieci minuti, ti prego, poi ti spiego".
"Vabbè, dammi sto numero dai, ah l'amour, toujours l'amour".
Poldo si nascose dietro la signora alla cassa mentre Letizia correva a rispondere al telefono.
"Buona sera signori, Letizia si deve assentare un attimo mi ha incaricato di farsi eseguire alcuni esercizi, vi prego di eseguirli bene, sono in prova e, se non riesco a fare quello che mi ha detto, addio posto, ho tre figli da sfamare, mi raccomando metteteci impegno, può tornare da un momento all'altro".
Lo stereo diffondeva una dolce melodia in perfetto stile New Age e Poldo tirò fuori dal taschino una cassetta in perfetto stile "Rock and Roll indiavolato".
"Signora, scusi, lei si potrebbe mettere in corridoio in modo che Letizia la possa vedere dal telefono?".
Chiuse la porta a vetri in modo che la signora potesse vedere solo lui e non sentire la musica, poi si voltò, e sorridendo, cambiò musica.
"Allora, si tratta semplicemente di saltare, più in alto e più velocemente che potete, così!".
E cominciò a saltare come una cavalletta impazzita, imitato dagli increduli anziani, poi si spostò per entrare nel campo visivo della signora di là dai vetri e si esibì in un dolcissimo piegamento sulle ginocchia, immediatamente imitato dalla solerte atleta.
Furono dieci minuti d'inferno, per i malcapitati che si trovavano all'interno, mentre la signora all'esterno, sotto gli occhi di Letizia che stava cercando di interrompere la comunicazione con Gigio in tutti i modi, era fresca e sorridente come il primo istante.
Letizia tornò.
"Ciao, sono venuto per iscrivermi" disse Poldo.
"Ciao, ma com'è che sei già sudato fradicio?".
"Sono corso dietro un ladro che voleva rubarmi la macchina" mentì spudoratamente Poldo, che aveva ripristinato la dolce musica iniziale.
A terra giacevano tutti gli allievi di Letizia, tranne l'incredula signora che continuava a ripetere "mangiate troppe porcherie ecco perché siete così vuoti d'energie".
"Allora, cosa avete questa sera? continuiamo?" disse Letizia in tono di dolce rimprovero.
"Senta, potremmo mica interrompere questa sera, devo portare il mio nipotino al cinema..." disse con un filo di voce un anziano signore tenendosi il petto.
"Anche io" fecero in coro quelli che ancora avevano il fiato per parlare.
"Va bene, ci vediamo mercoledì, arrivederci".
"Senti, visto che mi pare che tu ti sia liberata in anticipo, perché non andiamo a mangiare una pizza, io non ho ancora cenato".
"Non era mai successa una cosa del genere, forse ho preteso troppo da loro... va bene, andiamo a mangiare questa pizza".
Poldo salutò tutti sorridendo e mandando baci alle spalle di Letizia, gli anziani sorrisero con complicità.
Nell'accogliente e piccolissima pizzeria, perso nei grandi occhi di Letizia, Poldo pensò che Torino, in fondo, sapeva anche essere dolce ed affettuosa, bastava aspettare e cogliere l'occasione giusta.
Si era completamente dimenticato dell'appuntamento che aveva con Gigio, il suono del telefonino lo fece trasalire.
"Scusami, Letizia, in genere lo spengo, quando sono in un locale, ma questa sera mi sento un po' strano".
"Saranno le due birre da mezzo litro che ti sei scolato".
Rispose pragmaticamente Letizia.
"Si? ciao Gigio, grazie per prima, è andato tutto bene, quale casa gialla? dove sei? Oddio me n'ero completamente dimenticato, arrivo tra poco".
"Problemi?" disse Letizia sorseggiando il caffè.
"Si devo scappare, un mio amico è in difficoltà e, siccome gli devo un favore, un gran favore, devo correre ad aiutarlo, ti accompagno a casa".
La vide scomparire nel portone più bello del mondo, che era anche il suo, e pensare che si era lamentato del vicinato, incauto! Gigio passeggiava nervosamente accanto all'auto parcheggiata in una piazzola buia.
"Alla buon'ora, come si dice, avevamo appuntamento alle dieci ed è quasi mezzanotte, quasi, quasi manderei tutto a monte".
"Scusa, ma grazie a te sono riuscito ad uscire per la prima volta con Letizia, è stupenda, ha due...occhi che t'incantano, un...sorriso che ti riconcilia con il mondo, è veramente un pezzo... che non vedo una ragazza così da vicino".
"Visto? direi che la tua apparizione per stasera l'hai avuta, andiamocene a casa che domani ci ho la boutique con la lunghette".
"No, dai, tanto chi dorme stanotte sono così eccitato...".
"Non contare su di me per calmarti, piuttosto l'hai portata una pila?".
"Vuoi dire una torcia elettrica?".
"Ho sempre detto pila, quella che fa luce se tu la tocchi nel punto giusto, ok?".
"Tu devi fare qualcosa per i tuoi nervi sai? per sfogarti".
"Hai ragione, prima però andiamo dentro questa casa infestata, poi ti picchio così mi sfogo! ce l'hai o non ce l'hai sta pilatorcia!".
"Ce l'ho, eccola qui".
"Lascia qui la tua macchina, con una sola facciamo meno rumore".
Arrivarono ad una cinquantina di metri dalla casa e parcheggiarono lungo la strada.
"Mi hanno detto che c'è un buco nella recinzione, però dobbiamo fare il giro dal retro, stai attento che c'è una bealera... hai capito? Poldo!".
Poldo era seduto, con le braccia conserte e l'acqua fino alla cintola, nel fondo del canale di irrigazione.
"Non potevi dirmelo un attimo prima?".
"Mi è venuto in mente adesso, scusa".
"Niente, aspetta che mi strizzo un po' e continuiamo".
Riuscirono ad entrare nella casa da una finestra al piano terreno, l'interno era completamente spoglio, i muri scrostati, i pavimenti coperti da calcinacci e sporcizia di tutti i generi.
"Andiamo al piano di sopra" bisbigliò Gigio "è lì che hanno visto le luci".
"Se devo stare attento a qualcosa cerca di dirmelo per tempo".
"Io dentro non ci sono mai stato, mi hanno solo detto che dalla finestra del primo piano si vedevano luci ed ombre strane, e pare che uno abbia assistito a qualcosa da un buco del pavimento del secondo piano, per questo voglio salire".
Si bloccarono tra il primo ed il secondo piano, spaventati da delle voci vicinissime a loro.
"Allora siamo d'accordo, tu stai sull'armadio, questa volta, e non devi fare il minimo rumore fino a quando non se n'è andata, ok?".
"Ok, ma che cosa dovrei sentire per l'esattezza?".
"Ma allora sei duro di comprendonio! Te l'ho spiegato tre volte, io dico alla tizia che dovrà concedersi ad un uomo che avrà indosso un simbolo che solo lei può conoscere, e le faccio scegliere una carta con dei disegni in un mazzo di venti, in modo che possa vederla solo lei, poi gettò le carte nel fuoco per fare scena, ma tu, da sopra l'armadio alle sue spalle la carta la vedi, indossi il simbolo e ti diverti, hai capito adesso?".
"Si" rispose la seconda voce e si sentì anche il rumore che fece sfregandosi le mani "ma ha funzionato altre volte?".
"Dodici, fino ad oggi" rispose la prima voce.
Si allontanarono ridacchiando.
"Hai capito che disgraziati! approfittare così delle persone, andiamo dai carabinieri!" disse Poldo indignato.
"Hai ragione, però sono curioso di vedere come fanno, andiamo su a vedere se c'è questo buco".
"Vabbè ormai che ci siamo, poi andiamo a denunciarli".
Il buco c'era davvero e proprio sopra il famigerato armadio.
Sotto di loro una grande stanza era stata addobbata con tutto quello che ci si sarebbe aspettato di trovare durante un rito satanico.
Cinque enormi candele nere agli apici di un pentagono racchiudevano una specie di altare coperto di velluto rosso, l'armadio si trovava a due o tre metri, quattro uomini vestiti con delle tuniche rosse con tanto di cappuccio a coprire il capo ed il volto erano ai quattro lati dell'altare.
Sull'armadio era sdraiato l'individuo di prima, tanto vicino che lo avrebbero potuto toccare, se avessero allungato un braccio dall'apertura del pavimento da cui stavano sbirciando.
Entrò la "vittima".
"Ragazzi, che signora" disse Gigio "ma quanto è alta?".
"Effettivamente è bellissima però stai zitto che questo qui sotto ci può sentire".
Iniziò la "funzione" dopo fumi di incenso, musiche strane e canti stonati ecco che il sacerdote entra nel vivo.
"Tu, discepola del signore delle tenebre, hai chiesto una grossa vincita in denaro, sai che questo avrà un prezzo?".
"Lo so, sommo sacerdote, forse l'anima?".
"No, solo il tuo corpo, sei fortunata, per tre volte dovrai concederlo a chi il signore delle tenebre ti invia, di domenica, in questa città".
"E magari è uno di voi..." rispose scettica la signora.
"Non osare dubitare della nostra devozione al signore delle tenebre!" tuonò il sacerdote.
"Ecco la prova della nostra estraneità, sceglierai una carta con un simbolo e non ce la mostrerai, quello è il simbolo che dovrà avere indosso l'inviato".
Così dicendo aprì a ventaglio verso di lei le carte.
"Prendi la carta prescelta ed innalzala verso il cielo con il simbolo rivolto verso di te".
La carta andò a finire praticamente contro il naso dell'uomo sull'armadio ed a non più di un metro di quello di Poldo e Gigio, il simbolo era un'ancora.
"Adesso inserisci la carta tra le altre e gettale tutte nel braciere dinanzi ai tuoi piedi".
"Dinanzi! dire davanti era troppo banale" disse Poldo.
Comunque la messa in scena fu' più che sufficiente a convincere la "discepola" che, dopo una serie di riti di commiato si allontanò evidentemente soddisfatta.
Rimasti soli i "sacerdoti" si tolsero le tuniche.
"Ragazzi, non mi sono mai divertito tanto, quant'è che vuole vincere la tizia?".
"Dieci miliardi ha chiesto!" e scoppiarono tutti in una grassa risata.
Poldo e Gigio si affrettarono a guadagnare l'esterno della casa, la loro auto, parcheggiata vicino alla casa, avrebbe rivelato la loro presenza.
"Ma guarda che macchina che ha questa qui!" esclamò Gigio osservando la Ferrari gialla che si allontanava sgommando.
"L'avidità gioca brutti scherzi" sentenziò Poldo "in ogni caso questi sono da denunciare ugualmente, estorcere rapporti sessuali con false promesse è un reato e va punito, al di là della questione morale, che già è pesante".
"Certo, però ti dispiace se andiamo domani? tanto oggi è lunedì ed il tizio dovrebbe riscuotere domenica".
"Si, andiamocene a letto, domani decidiamo chi va dai carabinieri, o, magari, ci andiamo insieme, sei d'accordo?".
"D'accordissimo, adesso a nanna".