Tra Mantus e Tagete

Capitolo 2°
"Come siamo arrivati qui? Come fai a sapere dove abito?" chiese Saverio guardandosi intorno.
"Hai l'indirizzo scritto ovunque nei documenti, non ci voleva Sherlock Holmes" rispose Chiara sorridendo.
"Ho avuto una crisi vero? Cosa ho combinato questa volta?".
"Niente di particolare, hai solo cercato di scavare un buco nel pavimento di una chiesa con le unghie, poi è arrivato un medico, ti ha fatto un'iniezione e da lì hai dormito e basta".
"Adesso ricordo era in incubo terribile... senti, visto che siamo a casa mia ti invito a cena".
"E' il minimo che tu possa fare".
Un divano e due poltrone di cuoio scuro erano disposti davanti al caminetto a creare una specie di bivacco.
Lo spazio tra il salotto ed il fuoco era coperto da un soffice tappeto scuro.
Saverio era seduto sul tappeto con le gambe allungate verso il fuoco e le spalle appoggiate al divano.
Chiara era rannicchiata su una delle poltrone, lo sguardo perso tra le fiamme del caminetto, e stringeva tra le mani una tazza di cioccolata bollente.
Era coperta da un plaid da cui uscivano solo i piedi nudi.
"Hai freddo?" chiese Saverio sorridendo.
"Un po', è che il fuoco è come una droga, una volta che ti avvicini non ti allontaneresti più".
Saverio si spostò verso la poltrona di Chiara, le prese i piedi e se li infilò sotto la camicia, a contatto della pelle nuda.
"Molto gentile, devono essere due pezzi di ghiaccio".
"Già, sicuramente è il modo più originale per prendersi una congestione, ma mi piace, e poi si stanno già scaldando".
"Posso anche muoverli?" chiese Chiara divertita.
"Senza esagerare, sono proprio appoggiati sullo stomaco".
"Senti, visto che mi sembri rilassato, perché non mi racconti i tuoi incubi magari ti può servire ad evitare che te ne vengano altri".
"Una specie di esorcismo, quindi? Proviamo...".
Saverio descrisse le visioni con dovizia di particolari ed alla fine Chiara rimase in silenzio, con un espressione pensosa.
"Sono impressionanti?" chiese Saverio alzandosi.
"Si, ma non è quello che mi dà da pensare, è che hanno un'attinenza con una ricerca che avevo fatto a scuola tanti anni fa".
"Interessante, pensavo che non avessero alcun senso, di cosa parlava la ricerca?".
"Degli etruschi.
Non prenderlo come oro colato, ma le attinenze sono queste: Tu hai visto un chiamiamolo sacerdote che sezionava un cadavere e ne estraeva le viscere.
Questo collima con le tradizioni religiose etrusche.
C'erano diversi tipi di sacerdoti che dettavano legge ai tempi degli etruschi.
Quello che hai visto tu doveva essere un ARUSPICE e cioè lettore delle viscere e del fegato degli animali sacrificati.
Infatti a Piacenza è custodito un fegato di pecora in bronzo, inciso in una quarantina di celle ed ognuna è collegata ad una divinità od ad un simbolo astrale.
In pratica una specie di codice di lettura dei presagi".
"Ma non credi che altre civiltà adoperassero i sacrifici e le viscere per gli stessi usi?".
"Si, ma le attinenze con gli etruschi non finiscono qui.
Tu hai detto di aver seguito un bambino che, di fatto, ti ha portato oltre la finestra della stanza, poi colpita dal fulmine.
Gli etruschi adoravano TAGETE, figlio di Genio e nipote di Giove, piccolo come un bambino, dai capelli argentei e dalla saggezza di un vecchio.
TAGETE rappresentava il sapere, terreno e divino.
Direi che la descrizione che ne hai fatto calza a pennello: lo hai definito un bambino con i capelli grigi.
A tutto questo aggiungi che Mantova fu costruita nel sesto secolo avanti cristo proprio dagli etruschi e per giunta dedicata a "Mantus": una divinità infernale".
Chiara aveva parlato tutto d'un fiato, come le era solito ma, questa volta, Saverio non si era distratto neanche un attimo.
"Certo che l'ipotesi di essere entrati come in una finestra temporale aperta su duemila e cinquecento anni fa è affascinante.
Volendo continuare a prendere in considerazione questa ipotesi potrei aver fatto la conoscenza del signor Mantus addirittura di persona, al pronto soccorso.
Se dovessi immaginare un demonio lo immaginerei proprio così.
Ma il fatto è che a sogni ed allucinazioni si mischiano fatti dannatamente reali, come la morte di Manlio, la mia stanza fusa da un fulmine, ed il mio stesso incidente".
Chiara si alzò dalla poltrona per poi risedersi sul tappeto appoggiando le spalle contro Saverio.
"Perché pensi che il tuo incidente abbia attinenza con le allucinazioni?".
"Io sono andato fuori strada per evitare di investire mia madre, o, meglio, il suo fantasma, che mi è apparso davanti all'improvviso".
"Prima di questo periodo avevi mai avuto problemi di allucinazioni, sonnambulismo o, magari di esaurimento nervoso...".
"Niente, non ho mai avuto disturbi mentali di nessun tipo, se è quello che stai cercando di dirmi".
"Non ti offendere, ma ammetterai che la situazione non corre proprio sui binari della normale vita quotidiana".
"Se vogliamo parlare di vita quotidiana, sto cercando di perdere il lavoro da diversi giorni.
Non giustificheranno a lungo il mio comportamento strano come un effetto della scomparsa di Manlio, dopotutto era solo un amico...".
Saverio si interruppe bruscamente e fissò chiara per qualche istante.
"Ma tu con che motivo ti stai assentando dal lavoro?".
"Assistere un parente malato... di mente!" concluse Chiara ridendo.
L'espressione di Saverio rimase seria, prese il viso di Chiara tra le mani e la baciò lievemente sulle labbra.
Chiara rispose così appassionatamente che Saverio, seppure per un brevissimo istante, ne fu spaventato.
Si addormentò fissando il neo sul collo di Chiara.