BRODO

Capitolo 2°

Poldo era appoggiato con entrambi i gomiti al bancone della sua ferramenta e, come sempre, stava fantasticando.
Vedeva Rossana, voluttuosa vicina, che gli faceva cenno di seguirlo con l'indice della mano destra.
Era completamente nuda, racchiusa tra due enormi gusci di meringa e gli diceva con voce roca e suadente "ti piace la panna?".
Poldo chiuse gli occhi dicendo "mi piace, mi piace, mi p...".
Quando li riaprì scoprì di non essere più solo, davanti a lui si era materializzato un cliente, il primo della giornata, ed era quasi mezzogiorno! "Mi piace... la sua cravatta!" Disse Poldo cercando di darsi un contegno "in cosa la posso servire?".
"Io lavoro in campagna, mi si è rotta la mietitrebbia, mi mancano due bulloni di una forma che non si usa più, siccome ero a Torino a trovare mia nipote, mi sono detto, magari in città li trovo" disse il cliente poggiando un grosso bullone sul banco.
"Lei è fortunato! qui in ferramenta non ce li ho, ma al mio paese ne avevo tenuto una scorta, mio suocero ha proprio una mietritrebbia come la sua, questa sera faccio un salto e glie li vado a prendere".
"Lei è molto gentile, e quanto fa?".
"Niente, sono bulloni usati, non glieli faccio certo pagare".
"E poi dicono che in città sono tutti scorbutici, grazie, ricambierò".
Poldo riprovò a concentrarsi, ma la meringa ormai era svanita, e, visto che si era fatta l'ora di chiusura, decise di impiegare l'intervallo di pranzo per andare a prendere i bulloni.
Salì in auto fischiettando, svoltò a destra e poi fece per svoltare di nuovo a destra, per immettersi sul lungopo, ed ecco il primo spavento, un imbecille su un'enorme Mercedes nera, con in bocca una sigaretta, un telefonino nella mano destra ed un giornale aperto davanti, che cerca di speronarlo.
Poldo aveva la precedenza e quindi continuò risoluto, l'altro non si rassegnò e sterzò per aggirarlo e passargli comunque davanti, Poldo accelerò, l'altro niente, fece finta di non vederlo, continuò a parlare al telefonino, a fumare, a leggere il giornale ed ad avanzare ormai contromano.
Poldo decise che non avrebbe sopportato il sopruso, scalò e diede gas, il tipo in Mercedes frenò, un fuoristrada, che proveniva di fronte, lo costrinse a rimettersi nella corsia di destra, finalmente dietro Poldo, che esultò.
"Chissà qual è la cifra esatta in denaro che si deve possedere per accampare il diritto di ignorare il codice della strada" pensò Poldo alzando lo sguardo per vedere l'imbecille nello specchietto.
Nello specchietto l'imbecille non c'era più, era accanto a lui, di nuovo contromano, sempre a parlare al telefonino.
"Non mi avrai!" pensò ad alta voce Poldo pigiando sull'acceleratore.
Sul lungopo, per evitare le corse degli imbecilli di turno, l'amministrazione comunale ha trasformato le strisce pedonali in collinette alte trenta centimetri, le quali sono più che sufficienti a far prendere il volo a chi ci passa sopra a più di dieci chilometri orari, Poldo ed il suo antagonista ci arrivarono appaiati ai settanta.
Il salto fece cadere di bocca la sigaretta al tizio in Mercedes, la sigaretta gli cadde tra le gambe, cercò di prenderla con la mano che già reggeva il telefonino, riuscendo solo a darsi una sonora botta sui genitali proprio con la punta dell'antennina.
Lasciò cadere il telefonino che rotolò sul pavimento della macchina fino a giacere proprio sotto il pedale del freno.
Questo fu' il colpo di grazia, senza più controllo, la grossa automobile centrò in pieno un cassonetto dell'immondizia sulla destra.
Poldo gli passò accanto, con le braccia conserte, guardandolo fisso negli occhi, ostentando un radioso sorriso.
Il resto del viaggio non fu' meno avventuroso, ma riuscì ugualmente a tornare vivo al suo negozio per l'orario di apertura.
La porta si aprì, era la meringa in persona.
"Una donna in ferramenta! è un evento straordinario! buon giorno signora Rossana, l'altra sera è scappata via prima che riuscissi a leggerle le istruzioni del videoregistratore".
"Si, sono stata un po' scortese, ma ormai si era fatta l'ora in cui mio marito rientra dal lavoro, potremmo organizzarci meglio la settimana prossima, mio marito fa di nuovo il secondo turno".
A Poldo aumentò notevolmente la salivazione, era una cosa che gli capitava anche da bambino, quando suo padre rincasava con un pacchetto di pasticcini.
La signora Rossana aveva effettivamente un che di alimentare.
"Certo! Lunedì, va bene? chiudo il negozio e sono da lei, alle sette e mezza!".
"Che irruenza! ma lei non mangia cena? Io sono da mia madre a pranzo lunedì, però potremmo mangiare insieme il dolce, cosa le piace?" disse Rossana sporgendosi sul bancone come solo lei sapeva fare.
"Meringhe..." rantolò Poldo al culmine dell'eccitazione.
"Meringhe? Che strano ci stavo pensando giusto questa mattina" cinguettò Rossana "allora ci vediamo verso le nove e mezza, va bene?".
"Perfetto".
A Poldo rimase stampato in faccia un sorriso ebete.
"Hai una paresi o ti sei innamorato del decespugliatore?" disse Gigio entrando.
"E' appena andata via la mia vicina di casa".
"La ginnasta?".
"No, la fatalona del mio pianerottolo".
"Ti sei dimenticato che è sposata con King Kong?" "Chi per amore muor, vissuto è assai".
"Bella, chi l'ha detta? Totò?".
"Non hai nulla da fare oggi?".
"Perché? Hai qualcosa da propormi?".
"No volevo proporti di andare a continuare a fare quello che stavi facendo".
"Tu mi stai diventando bizzoso e torvo, ti ci vuole una donna".
"Tu che la donna ce l'hai non mi sembri al top della forma, specialmente a livello cerebrale".
"Vabbè, non è giornata, e io che volevo offrirti la pizza".
"Al tempo, la pizza l'accetto, vorrà dire che se vorrò scambiare quattro chiacchiere intelligenti fermerò un passante".
"Quasi quasi non te la offrirei più, ma, visto che mi hai invitato a cena la settimana scorsa, dai andiamo".
Chiusero la ferramenta ed andarono alla consueta pizzeria.
"Ma la farinata nelle altre città la mangiano?".
"In Liguria senz'altro, anzi, penso ci sia una lotta per accaparrarsene la paternità tra Piemonte e Liguria".
"In Sicilia fanno una cosa simile solo che è fritta".
"Si, le chiamano panelle".
"Perché ho come l'impressione che noi si continui a parlare di fatuità cercando di evitare l'argomento che invece ci sta più a cuore?".
"Perché è proprio così! non dovevamo andare dai carabinieri a denunciare quella confraternita di maiali/stregoni?".
"E' vero! e perché non ci siamo ancora andati?".
"Perché forse inconsciamente siamo più maiali di loro e vorremmo sfruttare l'occasione per papparci la biondona ingenua".
"Touchè".
"Parla per te, io non sono ancora caduto così in basso da dover ricorrere ai tranelli per avere una donna".
"Aspetta a dirlo, magari prima di domenica ci cadi così in basso, e poi rifletti, è lei che è caduta in basso, gli altri si limitano a chinarsi a raccoglierla".
"Stai duellando con la tua coscienza, non coinvolgere me".
"Io! io la fidanzata ce l'ho, mi stavo premurando per te, cosa credi!".
"Troppo buono, la cosa non mi interessa grazie e poi dove la ritrovo quella?".
"Facile, ecco la targa della macchina, vai al P.
R.
A e ti fai dire dove abita".
"Senti, lascia stare, preferisco rischiare di finire come un agnello, macellato da King Kong".
"Come vuoi, e dai carabinieri ci vuoi andare?".
"Ma no, lasciali cuocere tutti nel loro brodo, sia la bionda avida che i maiali satanici".
"Amen, ma cos'hai sulla punta del naso?".
"Cos'ho? Non farmi spaventare".
Poldo corse in bagno a specchiarsi.
"E' un herpes! oggi a pranzo sono andato su in montagna, non sono stato a mettermi la crema protettiva visto che dovevo andare via subito e questo è il risultato".
"Ho una pomatina miracolosa in macchina, due o tre giorni e tutto è passato".
"Ma io domani sera voglio andare in palestra da Letizia!".
"Allora devi tenere il naso coperto di pomatina per almeno dodici ore".
"Ma come faccio a tenerla sulla punta del naso, dai, cola!".
"Un sistema c'è, in macchina ho anche un'altra cosa".
Gigio aveva stampato in faccia tutta la sua soddisfazione e Poldo scuoteva il capo sconsolato davanti allo specchio dell'ingresso.
"Di funzionare funziona, ma mi sento veramente ridicolo".
"Ma mica devi uscire! Domani mattina ti fai la doccia e lavi via tutto, vedrai che l'herpes non c'è più".
"Ma com'è che tu tieni in macchina un naso finto con baffi ed occhiali?".
"Bho! Qualche carnevale fa qualcuno me l'ha dimenticato in macchina, non so, Bhe, io vado, buona notte".
"Aspetta, mentre vai via buttami la spazzatura, non vorrai farmi uscire così!".
"Non mi fai mai andar via a mani vuote eh? dammi sta spazzatura va'".
Poldo si preparò ad andare a letto cercando di evitare di guardarsi allo specchio.
Dormiva profondamente quando sentì delle urla provenire dalle scale.
"Di nuovo! sono di nuovo andati a rubare in cantina! Tre lucchetti avevo messo questa volta!" era Umberto che urlava a squarciagola fuori di se.
Poldo si mise un paio di pantaloni e corse giù trafelato, aveva in cantina tutta la sua collezione di monete antiche, donatagli dal nonno, e non aveva ancora avuto tempo di esporla in casa.
La sua cantina era aperta! Poldo guardò subito a terra sotto gli scaffali, la cassetta di legno era ancora lì, la prese e la baciò.
La voce di Letizia lo scosse dal momento di commozione.
"Senti, Poldo, io ho visto gente andare a letto con pigiami dalle forme e colori più strane, con berretti di lana col pon pon, con i bigodi... ma con il naso finto mai!".
Poldo chiuse gli occhi, non aveva il coraggio di voltarsi, era passato davanti ad almeno una dozzina di persone per arrivare alla propria cantina.
Ed ora, infatti, tutti lo stavano fissando, Letizia compresa, con commiserazione.
Letizia aveva la mano sulla bocca a soffocare un sommesso risolino, questa fu la cosa che gli fece più male.
Si riassettò la giacca del pigiama e si allontanò, austeramente a testa alta, tra due ali di ilare vicinato.
Vide, con la coda dell'occhio, che almeno una persona su tre stava picchiettando con l'indice la tempia, decise che avrebbe ucciso Gigio al più presto, la vita in carcere sarebbe stata sicuramente meno dura e più dignitosa.
Il mattino dopo Poldo si svegliò presto, andò allo specchio e, dopo aver superato lo shock di trovarsi con naso e baffi finti di cui non si ricordava, constatò che l'herpes era effettivamente sconfitto, gongolante si vestì ed andò in negozio.
Gigio lo stava aspettando.
"Ma voi impiegati non lavorate mai?".
"Entro alla nove e mezza, volevo vedere come andava il tuo naso...".
"Carino da parte tua, ma non ti sembra di farmi un po' troppo da chioccia?".
"No, è che ho sbagliato a darti la pomatina ieri sera, quella lì è per...".
"Per?".
"Per le emorroidi ecco, però funziona lo stesso vedo! non sarà mica che hai la faccia...".
"Io te la spacco la faccia! A parte il fatto che mi sarebbe potuto capitare di tutto, usando un farmaco al posto di un altro, ieri sera ho fatto una delle peggiori figure della mia vita, conciato come uno dei fratelli Marx!".
"Non sarai mica uscito...".
"Sono stato costretto, e sai chi c'era sotto ad attendermi? Letizia in persona!".
"Non ti offendere, ma penso che tu non sia molto fortunato".
Entrando nella ferramenta Gigio non si avvide di un rastrello poggiato a terra davanti a lui, ci mise un piede sopra, il manico lo colpì' in pieno volto, questo lo fece indietreggiare, ma dietro di lui la porta era ancora aperta ed il tallone non trovò appoggio, cadde pesantemente all'indietro in mezzo a degli a scatoloni ammonticchiati davanti ad un cassonetto dell'immondizia, ma cadendo riuscì a trascinarsi dietro tutta una rastrelliera carica di zappe vanghe ed altri attrezzi agricoli.
"Come hai detto?" chiese Poldo sorridente guardando il viso sconvolto di Gigio.
"Ho detto che porti sfiga, ho detto".
La zappa più pesante era caduta proprio sulla caviglia destra di Gigio.
"Non sono io che porto sfiga, e che ha dire certe cose si rischia di darsi la zappa sui piedi".
"Ti adoro quando sei così spiritoso, peccato che la caviglia mi faccia male se no te lo dimostrerei fisicamente".
Intanto Gigio non riusciva ad alzarsi così Poldo, impietosito si chinò e lo aiutò, appoggiandolo al muro.
"E adesso? Questa sera avevo la scuola di merenghe con Marta, ma tu guarda... e non mi toccare! Vuoi che mi cada in testa un balcone?".
"Senti, ti faccio un favore grande per farmi perdonare, la mia vicina, si proprio quella, l'altro giorno si vantava di saper mettere a posto polsi e caviglie doloranti, se vuoi ti porto da lei".
Un radioso sorriso illuminò il volto di Gigio.
"Scusa per quello che ti ho detto, era il dolore che mi faceva straparlare, portami dalla rossa e tutto ti sarà perdonato, ma come facciamo? Io non riesco a poggiare il piede per terra".
Poldo si avvicinò con una specie di carrellino porta valigie a due ruote.
"Monta qui, ti spingo fino a casa, e speriamo che non ci veda nessuno".
Gigio salì a fatica sul carrellino e si appoggiò a Poldo che, da dietro, lo spingeva.
"Vedi, ti do la possibilità di nobilitarti facendo una buona azione, non ti senti come Madre Teresa di Calcutta, come il buon Samaritano?".
"A spingere te vuoi dire?".
"Esattamente".
"Lo sai cosa mi sento a spingerti?".
"Dimmi".
"Uno stercolaio, hai presente il bacherozzo...".
"Ho presente, molto gentile grazie... in ogni modo, visto dove mi stai portando, continuo a perdonarti".
"Io ti porto fino al citofono, al quinto piano ti trascini da solo".
"Meglio che niente, saltellerò penosamente su un piede solo".
"Buon giorno, signora Rossana, il mio amico Gigio si è preso una botta ad una caviglia e non riesce a poggiare il piede a terra, ho saputo della sua abilità e così mi son detto...".
"Ma certo" rispose Rossana "venite pure su".
"No, signora, per il videoregistratore ci vediamo lunedì sera, io devo andare in negozio".
"Il videoregistratore?! filmate tutto?! molto eccitante!" disse Gigio strabuzzando gli occhi.
"Ma stai zitto reprobo, poi ti spiego".
Cinque piani sono tanti, ma saltellando su un piede sono un'infinità, Gigio arrivò che quasi inciampava nella lingua.
"Buongiorno, ha messo un piede in fallo? le fa tanto male?".
Rossana era avvolta nella solita vestaglia, sotto la quale si indovinava un malizioso completino di pizzo nero.
"Ma lo sa che solo a vederla sto già meglio?" Gigioneggiò Gigio.
Poldo era alle prese con il solito numero di clienti, cioè nessuno, e per questo si era abbandonato alle consuete fantasticherie, solo che il soggetto, questa volta, era Letizia.
In un Bungalow in riva ad un mare tropicale, circondati da palme ombrose, Poldo e Letizia si godevano una vacanza di sogno.
Il sole al tramonto versava una pioggia di fuoco attraverso la porta del Bungalow.
Appoggiata allo stipite, con le braccia dietro la schiena, inondata di luce, Letizia, abbronzatissima, era coperta solo da una cortissima sottoveste di seta bianca, la pelle luccicava, gli occhi erano socchiusi... la bocca era socchiusa... e la porta della ferramenta si aprì.
"Buongiorno, ha i bulloni della mietitrebbia?".
Poldo aveva sempre trovato ridicola la cadenza nel parlare dei Cuneesi, gli veniva da rispondere: "paraponzi, ponzi, po".
"Si, eccoli qua, spero che vadano bene".
"Vanno benissimo, grazie! Io le ho portato un piccolo presente per la sua gentilezza, ecco, tenga, l'ho vista nascere ed è sempre stata libera".
"Ma è una gallina... viva!".
"Veramente è una faraona, certo che è viva, più fresca di così, la faccia al forno e vedrà che saporino!".
Poldo rimase di nuovo solo, la faraona lo guardava fisso.
"Tranquilla, non ho mai mangiato nessuno dopo averlo conosciuto... da vivo" disse Poldo mestamente.
Decise che l'avrebbe portata da suo suocero, sarebbe stata di nuovo libera e non avrebbe corso rischi, a suo suocero la carne di faraona non piaceva.
Aprì il giornale, dopo aver appoggiato la gallina sul bancone accanto a lui.
Poldo aveva l'abitudine di leggere il giornale partendo dal fondo, a velocità alterne, prima gli sport di minor richiamo, poi il calcio, che gli interessa nella giusta misura, senza coinvolgerlo più di tanto, si soffermava un po' di più sulla cronaca, che in genere era sufficiente a rovinargli almeno la prima parte della giornata.
La fervida immaginazione e l'animo sensibile gli facevano vivere, quasi di persona, le sofferenze dei parenti o delle persone che erano vittime di disgrazie o d'incidenti d'auto.
Poi gli spettacoli, sarebbe anche andato a teatro, ma con chi? I film poi non erano quasi mai confacenti ai suoi gusti.
Un po' la fantascienza poteva attrarlo, non certo le solite serie di carneficine americane, o melense storie d'amore, sempre naturalmente americane, come se da noi non fossimo più capaci di innamorarci, i film comici si, lo attiravano.
Anche perché era quello che si aspettava da uno spettacolo, che gli tirasse su il morale.
Arrivò alla politica, le solite dichiarazioni di questo, di quello, la politica lo aveva sempre irritato, lui non aveva mai avuto il coraggio di rimangiarsi una cosa detta neanche da bambino, e questi dicevano tutto ed il contrario di tutto con una faccia di bronzo da fantascienza! E poi i soliti scioperi, dei metalmeccanici, medici, tessili, treni...tutti.
La faraona per tutto il tempo aveva mosso la testina in sincrono con Poldo, e quando Poldo richiuse il giornale, decise evidentemente che era ora di sgranchirsi le zampe.
"Ehi, c'è qualche notizia che ti ha sconvolto? Forse lo sciopero dei treni? Aspettavi parenti da qualche pollaio fuori città? o lo sciopero dei met...".
L'orrore s'impadronì di Poldo, Gigio era ignaro in attesa della catastrofe! Si vedeva già al pronto soccorso che, incalzato da Marta, continuava a ripetere: "Sono stato io, l'ho mandato io a farsi massaggiare la caviglia, povero ragazzo".
Mise il cartello "torno subito", qualora la sorte gli mandasse un cliente proprio in quel drammatico frangente.
Arrivò a casa trafelato.
L'energumeno, in quel preciso istante, stava entrando nel portone.
Poldo cominciò a salire le scale davanti a lui.
"E allora? Questo contratto lo firmiamo o non lo firmiamo?".
"Perché, tu sei metalmeccanico?".
"Io no, ma il mio amico GIGIOOOOO, si".
Poldo aveva pronunciato urlando il nome dell'amico in pericolo nella speranza che lo sentisse e cercasse almeno un nascondiglio.
"Che hai da gridare, sei scemo? E dove lavora il tuo amico?".
"In un ufficio, però ha il contratto dei metalmeccanici lo stesso, sono dieci anni che GIGIOOOOO ha il contratto dei metalmeccanici".
"Bhe digli che per domani c'è una manifestazione, oggi lo sciopero non è andato benissimo, molti hanno cercato di entrare lo stesso".
"Hanno cercato?".
"Si, c'ero io davanti ai cancelli" disse Gelsomino alzando un pugno che sembrava un comodino.
Poldo deglutì terrorizzato.
"Lo dirò al mio amico GIGIOOOOO, al più presto".
Arrivarono al pianerottolo, ed ormai Poldo stava pensando solo a quale vestito avrebbe indossato per il funerale dell'amico quando eccolo uscire da casa sua.
"Ecco lo spumante tesoro!" disse Gigio a voce alta.
"Grazie amore" rispose Poldo spingendolo dentro.
"A San Francisco vanno a fare la manifestazione questi" disse Gelsomino a voce alta.
"C'è sciopero, il marito è qui! ti ho salvato la vita, ma che ci facevi con il mio spumante?".
"Lo zabaione, ha detto che lei lo fa leggero, con lo spumante invece che il marsala".
"Capisco, ti ha visto pallido ed emaciato ed ha pensato che tu avessi bisogno di un aiuto".
"Perché non te ne torni in negozio? Magari il marito se ne va".
"Ma perché non te ne vai tu? Io vengo forse ad importunarti le vicine? E poi a Marta non ci pensi?".
"Hai ragione, ho perso la testa, è che questa donna è così... così...".
"E' molto così, ho capito, adesso acchiappati la caviglia e la faccia di gomma e vattene a casa se no te lo faccio io il massaggino".
"Insomma! Mi ci hai portato tu alla perdizione! Chi me lo ha detto che aggiustava le caviglie?".
"Sei sicuro che fosse la caviglia la parte del tuo corpo che speravi si muovesse meglio?".
"Volgare... tribale e volgare, basta, me ne vado indignato".
"E io me ne vado in negozio, ci vediamo".
Davanti al portone, c'erano il signor Borlenghi ed Umberto che parlottavano e, al loro passaggio, salutarono con un civettuolo "ciao, ciao" sogghignando.
"Quanto li odio questi!" disse Poldo alzando gli occhi al cielo.
"Idem" disse Gigio scuro in volto.
Al negozio la faraona stava rimpinzandosi di minuscoli bulloncini dorati, qualche rondella e cercava di inghiottire senza successo delle pile da calcolatrice.
"Fermati! Io sto cercando salvarti la vita e tu vuoi suicidarti?".
La gallina se ne ebbe a male e cominciò a svolazzare in tutte le direzioni, con Poldo dietro a cercare di riprenderla.
Dalla vetrina, alcune persone in attesa del tram, assistevano costernati alla scena.
Da fuori la gallina non si vedeva, si poteva solo ammirare uno che correva avanti ed indietro piegato in due.
Finalmente Poldo riuscì a rovesciarle sopra un secchio.
Era davanti alla vetrina e, fissando il secchio tra le gambe disse ad alta voce "uccello di merda!", ma da fuori il secchio non si vedeva e l'urlo fece trasalire la piccola folla.
Gigio era insieme agli altri e non sapeva cosa pensare.
"Dì un po', pensi di stare bene? mica te la devi prendere con lui se non hai la fidanzata".
"Lui chi!".
Gigio indicò la cerniera lampo dei pantaloni di Poldo.
"E' questo l'uccello imbecille! È una faraona, mi hanno pagato così, come il dottor azzeccagarbugli!".

Sollevato il secchio la gallina riprese la sua folle corsa.
Fu un pomeriggio molto movimentato.
Chiuse il negozio con mezzora di anticipo per portare l'indiavolato volatile in un luogo più consono.
Era ormai ad una ventina di chilometri dalla città quando una pattuglia della stradale lo fermò.
"Siete in viaggio di nozze?" sogghignò l'agente.
"No, ci conosciamo appena" rispose Poldo con aria di sufficienza.
"Lei lo sa da che ora siamo qui sotto questo diluvio? dalle sette di questa mattina".
"Capisco, adesso che lo so posso andare?".
"Per caso, sta forse prendendomi in giro?".
"Non mi permetterei mai".
"Bene, per cortesia, potrebbe spiegarmi come mai lei viaggia con una gallina seduta accanto, con la cintura di sicurezza e gli occhiali da sole? se non è di troppo disturbo s'intende".
"Non è una gallina, è una faraona...".
"La prego!...".
"Certo, le spiego subito: Io ho una ferramenta ed un mio cliente mi ha pagato dandomi una faraona viva, ma siccome è molto difficile, oltre che imbarazzante, guidare con una gallina pazza che svolazza furiosamente in macchina, l'ho legata... le ho messo la cintura...".
"Mancano ancora gli occhiali da sole".
"AH, quelli sono di un orsacchiotto che mi ha regalato mia zia".
"Vuol dire che non è andata a comprarseli da sola?".
"Scusi, volevo dire che, in un documentario, ho visto che certi rapaci rimanevano immobili coprendogli gli occhi con un cappuccio; io avevo gli occhiali da sole dell'orsacchiotto e...".
Per alcuni secondi regnò il silenzio, le gocce di pioggia colavano dalla visiera del cappello dell'agente saltellando sul braccio di Poldo, appoggiato al finestrino aperto.
"Io dovrei farle la multa, perché gli animali, vivi, vanno trasportati secondo regole ben precise... ma chi c'è l'ha il coraggio di scrivere sul verbale... " l'agente indicò la faraona che sembrava perfettamente a proprio agio.
"Già, ci fosse almeno il sole...si poteva dire che proteggevo gli occhi dell'animale...".
"Spero che lei sia diretto molto lontano, sa?".
"Posso andare?".
"Senza voltarsi".
"Grazie".
E l'auto di Poldo scomparve all'orizzonte in una nube d'acqua.
Viaggiare da solo in macchina, specialmente quando le condizioni meteorologiche ti avversano, non è piacevole, ma Poldo sfruttava, in genere, la situazione per dedicarsi dei momenti di riflessione che la vita, normalmente concitata, non concede.
Il pensiero corse alla bionda in attesa dei dieci miliardi.
Aveva nel taschino del giubbotto il numero di targa, lo estrasse e lo guardò a lungo.
No, non lo avrebbe fatto, e poi la vera emozione è sedurre una donna, non andarci a letto...forse.
Ma sì certo, il fatto che chiunque si presentasse con un'ancora e della faccia tosta potesse fare i propri porci comodi, per tre volte! era disgustoso.
Poi non poté fare a meno di pensare alle parole del "sacerdote": "per tre volte dovrai concedere il tuo corpo a chi il signore delle tenebre t'invia, di domenica, in questa città".
Quindi non solo questa domenica, ma "di domenica", bastava avere la faccia di rigirare la frittata e potevi dire: "sono l'inviato ecc... per questa domenica e sei altre dovrai concedermi il tuo corpo per tre volte".
Giacché si trovava a pensarci, se fosse stato così becero da volerne approfittare, avrebbe dovuto mettere fuori causa il "vero" signore delle tenebre, cioè il tizio nascosto sull'armadio.
Chissà che fine aveva fatto... a meno che Gigio non avesse preso anche quel numero di targa.
"Ciao, proprio perché sto guidando da un'ora e sto morendo di noia, volevo dirti... ma tanto per parlare eh? Che il numero di targa della bionda non basta se arriva prima quello dell'armadio".
"Giovanni Morghetti, noto commercialista, Corso Vittorio 102/a, lo studio è al 103 secondo piano, non ti puoi sbagliare".
"Numero di targa?".
"Avevo preso il numero di targa anche a lui, esatto, ma tanto non siamo gente che farebbe di queste cose...".
"Puoi dirlo forte, ti saluto va' che il semaforo è diventato verde e non si guida telefonando, ciao Gigio".
Sempre tanto per passare il tempo, Poldo pensò a come si sarebbe potuto fare per mettere il contendente fuori gioco.
Tagliare le gomme alla macchina, roba da teppisti.
Andare a casa sua e chiuderlo nel bagno, sequestro di persona.
Doveva trovare, qualora fosse interessato alla cosa, ma non era così, un sistema per cui, il commercialista stesso, non desiderasse cimentarsi nell'azione.
Distolse il pensiero e provò a togliere gli occhiali alla gallina.
Niente da fare: si agitava... le rimise gli occhiali rassegnato.
Tornò a Torino giusto in tempo per andare in palestra da Letizia.
Al suo apparire da dietro i vetri tutti gli atleti, a parte la signora che l'altra volta era stata risparmiata da Poldo, si gettarono a terra.
"Che vi succede!" disse Letizia che non si era ancora accorta della presenza di Poldo.
"Io... devo andare a cucinare, mi è venuto in mente che ho ospiti" disse una signora allontanandosi.
"Io devo portare di nuovo mio nipotino al cinema, mi ero dimenticato di averglielo promesso, sa come sono i bambini, se la prendono... mettono il muso...buonasera".
Seguirono una dozzina di scuse pietose.
Rimasero in tre, Poldo, Letizia e la signora indomita.
"Signora, se lei è d'accordo interromperei qui".
"Certo, abbia pazienza sono anziani...".
"Lei invece...".
"Sono di un'altra pasta io!" disse la signora strizzando l'occhio a Poldo e si allontanò.
"Pizza?" disse Poldo sfrontato.
"Pizza, forse avrei dovuto dedicarmi ai bambini, andiamo".
Seduto di fronte a Letizia, in pizzeria, Poldo era felice.
"Posso farti una domanda personale...".
"Sono qui apposta" rispose Poldo guardandola negli occhi.
"Mi ha detto mia zia che tu... non sei fidanzato, che sei...".
"Sono divorziato, è una storia lunga, le nostre famiglie si conoscevano, gente di campagna, perfino le rispettive mucche si salutavano, dai rispettivi campi, i cani poi avevano messo su famiglia tra di loro, ci siamo ritrovati sposati senza neanche accorgecene".
"E com'è che vi siete accorti che qualche cosa non andava?".
"Quando i nostri genitori hanno comprato la nostra casa senza neanche dircelo, l'hanno arredata, ed hanno scelto i nomi dei primi due figli che avremmo avuto, passato il viaggio di nozze e due settimane ci siamo guardati negli occhi e ci siamo incazzati, ognuno è andato dai rispettivi genitori è ha divorziato prima da loro e poi siamo andati cantando dall'avvocato, che era anche una vecchia fiamma della mia ex moglie".
"Quindi non è stata una storia triste".
"Nella vita bisogna guardarsi anche da chi ti vuol bene, tutto sommato è stato un lieto fine, e tu?".
"Io ho un fidanzato".
Poldo deglutì a vuoto, non se lo aspettava, pensava che Letizia fosse libera, mandò giù un lungo sorso di birra per mascherare la delusione ed il rossore del volto.
Poldo aprì gli occhi, era una domenica fredda e piovosa, la delusione della sera prima lo aveva gettato nello sconforto, decise che doveva fare qualche cosa per il proprio morale.
Non avrebbe goduto dei favori della vittima sacrificale, ma avrebbe comunque messo i bastoni tra le ruote del messo satanico.
Non erano ancora le nove e già Poldo era in attesa davanti al portone del commercialista.
Lo vide uscire, lo seguì senza farsi notare, fino ad un bar.
Aveva in tasca un flacone di un potente lassativo, lo usava sua zia, era l'unico che avesse avuto ragione del suo intestino ostinatissimo.
Si mise accanto a lui al bancone, ordinò anche lui un cappuccino, e, dopo averlo distratto, scambiò le tazze.
Nella propria Poldo aveva versato l'intero contenuto del flacone senza guardare, tanto ormai era quasi finito.
Il commercialista prese un croissant e si sedette ad un tavolo, mentre Poldo usciva soddisfatto.
Nel tavolo accanto due occhi iniettati di sangue spuntarono da dietro un giornale... era Gigio, in mano stringeva un flacone identico a quello di Poldo!.
Si alzò e fece finta di cadere addosso al povero commercialista versando il contenuto del flacone nella tazza, e notò anche un tubetto di pomata a lui familiare: pomata per le emorroidi! Vide l'oliera accanto a lui e non seppe resistere, approfittò del fatto che il commercialista era andato in bagno per afferrare il tubetto che sporgeva dalla borsa, tolse un po' di pomata aiutandosi con uno stuzzicadenti, mise un po' di pepe e ricoprì di pomata.
Rimise il tubetto a posto appena in tempo.
"Di Bruno! Ma hai cambiato il latte, il caffè o che so io? Il cappuccino fa schifo, ci vediamo per l'aperitivo" disse il commercialista uscendo dal locale.
Gigio si abbandonò ad un risolino satanico.
Come ogni domenica Letizia uscì per andare a fare la corsetta mattutina sul lungopo.
"Ciao zio, sei già alzato?".
"Si anche tu vedo, anche se ieri sera hai fatto tardi, ti ho visto rientrare con quel tipo...".
"Ma, zio! Da quando mi sorvegli? E poi perché dici Quel tipo con aria così schifata?".
"Ma tu non sai niente?".
"Di cosa?".
"Di niente, lascia stare va, che è meglio".
"E no, adesso parli, mi stai facendo innervosire zio!".
"Insomma il tipo non ha la fidanzata perché ha già il fidanzato!".
"Tu vuoi dire che Poldo...".
"L'altro giorno il marito della maia... della signora del quinto piano ha visto l'amichetto uscire con una bottiglia in mano e dire "ecco lo spumante tesoro" e sai lui cosa gli ha risposto? "Grazie amore!".
"Ma forse stavano scherzando, sai a volte gli uomini si divertono a fare i gay per gioco".
"Io, di persona, un giorno sono andato per dirgli che c'era l'assemblea e lui mi ha aperto con una vestaglia rosa trasparente e due pantofole con i tacchi a spillo ed il peluche".
La sicurezza di Letizia vacillò.
"Comunque non è il caso che tu lo giudichi, ognuno è libero di fare ciò che vuole nel rispetto dell'altrui libertà".
"Bella frase, l'hai letta nei cioccolatini?".
Letizia se ne andò senza salutare, era furiosa e non sapeva perché.
Intanto Poldo stava rientrando a casa e vide Gigio fermo sul portone ad aspettarlo, Letizia era poco lontana e decise di osservarli senza farsi scorgere.
"Missione compiuta!" disse Gigio raggiante.
"In che senso?".
"Ho castigato il Morghetti! ti ho preso in prestito una medicina, ma te ne ho già rimessa una bottiglia nuova al suo posto".
"Quando?".
"Ieri, c'erano un po' di gocce di lassativo ed era proprio quello che mi serviva".
Poldo si sentì mancare, se Gigio aveva versato il flacone vecchio lui aveva svuotato nella tazza il flacone nuovo! "Che c'è? Sei pallido come un gatto in un canile".
"C'è che io ho avuto la stessa idea, ma siccome tu mi hai sostituito il lassativo io l'ho versato tutto nel cappuccino di quel poveretto, senza guardare, pensando che fosse quasi alla fine, quanti anni di carcere danno per l'uccisione di un commercialista?".
Gigio impallidì a sua volta.
"E io gli ho messo pure il pepe...".
"Il pepe?".
"No niente, lascia stare, ormai è fatta".
Gigio e Poldo si abbracciarono disperati, anni di carcere li aspettavano.
Letizia vide la scena e sorrise, aveva ragione lo zio, decise che in fondo aveva trovato un amico sincero e... disinteressato.
Gigio e Poldo erano seduti con la faccia tra le mani sugli scalini della prima rampa di scale.
"Aspetta! Ho sentito il Morghetti dire "ci vediamo per l'aperitivo" se lo becchiamo e gli facciamo fare una lavanda gastrica forse lo salviamo".
"Come si convince un commercialista a farsi una lavanda gastrica la domenica mattina?".
"E' semplice tu ti metti a fianco al bancone, aspetti che lui ordini l'aperitivo, ci versi dentro qualcosa in modo che non ti veda, aspetti che beva il primo sorso poi dici: "Mio dio, mi scusi, ho versato la mia medicina nel suo bicchiere, per lei potrebbe essere veleno!" lo acchiappiamo e lo portiamo all'ospedale a fare la lavanda gastrica.
"E cosa ci verso dentro?".
"Zucchero, o anche niente, tanto l'importante è che ci creda".
"A questo punto...proviamo".
Era quasi l'una ed il commercialista al bar non si era visto.
"A che ora pranzano i commercialisti?".
"Dopo che hanno mangiato i notai e gli avvocati, che ne so io?".
"Scusi, quel signore...Morghetti il commercialista, non doveva venire per l'aperitivo?".
"Si ma questa sera, verso le diciannove".
Gigio e Poldo si cercarono una sedia per poterci crollare sopra.
"Verso che ora farà effetto la medicina?".
"Penso che siano già iniziate le danze da una mezzoretta".
In casa Morghetti lo sciacquone sembrava ormai un rumore di sottofondo.
"Ma insomma, mia sorella ci sta aspettando per pranzo, sono quasi le due!".
"Sto male ti ho detto! Telefona a tua sorella e dille che non andiamo".
"Cosa! telefonare alle due e disdire un appuntamento per il pranzo? Nella mia famiglia non si usano queste maniere!".
"Deve essere quell'accidente di ristorante cinese di ieri sera, mi fa sempre quest'effetto, certo che così mai!".
"Facciamo così, io vado e tu arrivi quando puoi, va bene?".
"Va bene, passami solo il tubetto giallo che ho nella borsa va, che ho anche un altro problema".
Dopo un paio di minuti un urlo agghiacciante fece volar via tutti i piccioni che erano placidamente appollaiati sul tetto.

Poldo e Gigio erano rimasti in quel bar ad attendere le sirene della polizia.
"Buon Giorno, signora Salveni, il solito?".
"Si, fammi anche quei panini microscopici con la frittatina che sono una delizia".
Era lei, la mancata vittima del commercialista, ed era bellissima, fasciata in un abito candido che ne faceva risaltare la cooperativa di curve di cui era dotata, al guinzaglio, tre cani ridicoli che sembravano inventati da Jacovitti.
"Ah signora, ha detto il signor Morghetti che l'aspetta alle 14,30 al parco della mandria, su al castello".
"Oggi, ma possibile che io debba avere il commercialista più pazzo del mondo? si è mai sentito di un appuntamento di domenica e per di più alla mandria? e pensare che siamo pure vicini di casa".
"Abitate nello stesso palazzo e le ha dato un appuntamento a dieci chilometri di distanza, strano davvero, ma, non sarà che il dottore ci vuol provare signora?".
"Certo che ci vuol provare, non siamo proprio nello stesso palazzo, lui sta in quello di fronte e mi sbircia da dieci anni.
Crede che io non me ne sia mai accorta, è più viscido di un anguilla insaponata, ogni volta che lo vedo ho la stessa sensazione di quando vedi i resti di un gatto in autostrada che è finito sotto un TIR, che senso".
Poldo e Gigio uscirono cercando di non farsi notare.
"Hai capito l'anguilla? se non fosse stato per noi ci sarebbe riuscito dopo dieci anni di bave".
"Senti, andiamo sotto casa dell'anguilla per vedere se c'è l'ambulanza e per tastare il terreno, poi andiamo a casa".
"No, senti Poldo, se dovesse accadere il peggio non voglio andare in galera senza rivedere Marta un'ultima volta, vai tu, e casomai chiamami al cellulare, ok?".
Poldo si commosse, certo sarebbe stato bello se anche lui avesse avuto una fidanzata dolce ed affettuosa, l'avrebbe vista nel parlatorio del carcere, lei gli avrebbe portato la torta di mele, le arance no, le portano già tutti in galera.
"Certo, ti capisco, va' e sii felice per l'ultima volta, guarda che ti è caduto qualcosa".
Gigio raccolse un oggetto da terra frettolosamente e si allontanò.
Poldo si incamminò a sua volta.
Camminando ripensò alla velocità con cui Gigio si era chinato a raccogliere l'oggetto.
Forse aveva solo paura che si sporcasse, dopotutto era caduto nella sabbia, infatti era rimasta un impronta, a pensarci bene.
"Era un ombrello? o una freccia? No era un paracadute..." Poldo continuava a rimurginarci sopra.
Quando realizzò che si trattava di un'ancora andò su tutte le furie, e, sinceratosi che sotto casa del commercialista la situazione era tranquilla, partì alla volta del parco della Mandria.
C'era una coda interminabile, spazientito, Poldo abbassò il finestrino e chiese spiegazioni ad un passante.
"E' tutta la settimana che è così, ogni giorno si esibiscono due bande musicali, è una specie di Sanremo, alla fine una vince e becca la coppa".
"E oggi che bande ci sono?".
"Mi ricordo solo che una è degli alpini, l'altra non mi viene in mente".
Dopo un'ora e mezza di coda Poldo riuscì finalmente a parcheggiare ed ad entrare a piedi nel parco.
Nel cortile del castello trovò Gigio seduto sotto un albero, che masticava sconsolato un filo d'erba.
"Ti ho beccato! Non dici niente? E poi saremmo amici...non avevamo detto di non comportarci da maiali? O sbaglio? E rispondi almeno! Dammi soddisfazione!".
"Sai cosa c'è oggi qui?".
"Il festival delle bande e allora? Una è quella degli alpini".
"Non è quella che mi ha fregato".
"Che vuoi dire?".
"L'altra è la banda della marina, hanno ancore ovunque, cappelli, sulle custodie degli strumenti, portachiavi, questa sera la signora Salveni avrà delle occhiaie così profonde da parcheggiarci un autobus".
"Vabbè uno! mica tutti...o si?".
Accanto a Poldo stava passando un giovanotto in uniforme da marinaio piuttosto arruffato ed accaldato.
"Scusi, ha per caso visto una signora bionda...".
"Chi, la pazza? L'abbiamo vista si! Ed io che non ci volevo venire al festival!".